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20 ago 2019

Don Salvatore e la montagna

di Luciano Caveri

Non è certo colpa della Curia valdostana e del suo Vescovo attuale, Monsignor Franco Lovignana, se - mentre si avvia la discussione su forme di fusioni volontarie fra i Comuni valdostani, alcuni dei quali colpiti da terribili crisi demografiche - da anni ormai si accorpano le parrocchie dei paesi (i campanili sono più dei municipi) sotto uno stesso curato a coprire diverse comunità. L'invecchiamento dei parroci autoctoni in servizio, assieme alla crisi delle vocazioni con pochissimi seminaristi che assicurino il ricambio generazionale, hanno aperto le porte delle canoniche a sacerdoti di fuori Valle non solo dall'Italia e dall'Europa, specie dell'Est, ma anche a sacerdoti di origine africana. Ovvio che il messaggio pastorale resti, ma cambi in profondità il radicamento territoriale e culturale - e certo la conoscenza e la pratica delle lingue locali - che mutano quel ruolo storico di caposaldo di certe tradizione di un clero valdostano decisivo in certi passaggi politici del passato, compresa l'attuale forma di Autonomia con figure decisive nell'educazione dei giovani e nelle riflessioni sul futuro della Valle.

Non mi inoltro qui in un dibattito sulle trasformazioni della società valdostana nei rapporti con il cattolicesimo e le sue ricadute: è evidente una progressiva laicizzazione ed una forte contrazione dei fedeli, cui corrisponde tra l'altro un venire meno, come dicevo, di vocazioni sacerdotali. Basta guardare il numero dei matrimoni religiosi o quanti bambini accedono ai sacramenti, e ciò vale più di molte parole. Vorrei qui salutare un prete pugliese, "prestato" (fidei donum) dal suo Vescovo alla Diocesi di Aosta a copertura delle parrocchie di Issogne e Champdepraz (chi conosce la Valle sa che sino a pochi anni fa erano roccaforti dei voti comunisti). Si tratta di Salvatore Sciannammea, un esempio tra l'altro di un sacerdote dai solidi studi che sa usare le tecniche digitali per il suo apostolato, visto che è presente sul Web (compreso "YouTube") e su "Whatsapp", in un gruppo di cui ho l'onore di fare parte, dove propone rapidi commenti vocali quotidiani alle letture del giorno. Don Salvatore rientra nella Diocesi di Andria tra breve e vorrei salutarlo, proponendo una sua riflessione sul sito Odysseo.it, dedicata alla montagna, intensa e genuina, che mostra come avesse saputo osservare con curiosità intellettuale l'aspetto alpino della nostra Valle. Buona lettura. «La montagna trasmette messaggi, ascoltando i suoi rumorosi silenzi; le linee dei suoi sentieri non sono mai casuali, ma frutto di scelte razionali confermate da esperti. E' bello scoprire le tracce che gli uomini, in passato, hanno lasciato. La montagna è nella sua essenza spirituale; è difficilissimo guardare alle sue bellezze naturali, senza pensare al creatore. Tutte le culture, infatti, sulle cime montane, hanno lasciato segni religiosi o spirituali. La montagna, da sempre, è stata eletta a luogo di incontro con il divino. La dimensione trascendentale accompagnerà sempre i frequentatori delle montagne. Non solo i corpi si elevano alle altezze ma, più di ogni altra essenza, è lo spirito umano a trascendersi. Le testimonianze, di coloro che vivono la montagna, parlano di dimensione armonica con sé stessi e di armonia con il mondo da cui sono circondati. La sensazione è quella di una felicità che entra dentro e che non può essere più abbandonata. I panorami, ornati di grandi prati, con montagne sullo sfondo, elevano lo sguardo alla bellezza ed il cuore allo stupore. La montagna ha anche un effetto salutare; la qualità dell'aria, in altitudine, offre frutti di benessere psicofisico. Le sensazioni degli ambienti, unita alla vita degli abitanti del luogo, rende la montagna famigliare. Gli odori in montagna, con le stalle, gli animali e la natura, sono nettamente diversi da quelli della città. Le mucche e vitelli, portati al pascolo al mattino e ritirati la sera, al loro ritorno, ripetono, quotidianamente, uno splendido ed armonico concerto, scampanellando, prima di entrare in stalla. Ogni mucca ha un nome ed il suo pastore le conosce singolarmente. Una menzione a parte merita la mungitura e il profumo del latte, dal quale si ricava il burro ed il formaggio, con un'arte che si perde nella notte dei tempi. Formaggio e montagna sono in simbiosi. Non si può parlare di montagna se non la si vive. La montagna anche per chi vi è lontano, ma l'ha vissuta, resta inevitabilmente un luogo importante della vita, da rivivere e goderne con gli occhi della memoria. Il rapporto con la montagna resta viscerale, naturalmente silente e contemplativo, in un bisogno vitale per chi la abita. La montagna insegna ad amare le cose semplici, con la sua natura forte ed incontaminata. Imprimendosi nella memoria, sa narrare episodi legati alla guerra ed a storie di sofferenza. Camminare tra le montagne mette in crisi tante convinzioni, offre momenti forti, di profonda introspezione, aiutati dalla natura e dagli apparenti silenzi. Così, in montagna, si esplora il silenzio, si impara l'ascolto, entrando in relazione con i suoni della natura. Montagna non è solo osservare un bel paesaggio, ma è scoprire un messaggio, portatore di valori spirituali, di una filosofia di vita. Infatti montagna è soprattutto fatica e sacrificio. Il silenzio montano è come una musica, anche di notte. Il suono della pioggia, l'acqua del ruscello che scorre, il canto degli uccelli, il fruscio del vento, il rumore delle foglie, un ramo che si spezza, sono tutti timbri di strumenti musicali, appartenenti all'incantevole filarmonica del bosco. Montagna è sintesi di sentimenti tra dolcezza e rabbia, irruenza e delicatezza. Libertà, pace e passione, attraverso la meditazione e la bellezza che fa anelare ad incantevoli sogni, si legano alla spirito della natura, in un'attrazione spirituale carica di mistero. Nella vita bisogna sognare le mete da raggiungere. La montagna aiuta a raggiungere la propria meta, a vivere la realtà che supera, spesso, gli stessi sogni più incantevoli».