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21 ott 2019

Catalogna e Tirolo del Sud

di Luciano Caveri

Giornata nera quella di ieri per le libertà politiche in Europa. Tanto tuonò che piovve con le pesanti condanne inflitte agli indipendentisti catalani in spregio ad ogni logica democratica da parte di una Magistratura eterodiretta da Madrid, che già aveva costretto gli imputati ad una lunga detenzione prima del processo. Butta male questa storia, che colpisce al cuore un popolo, quello catalano, che con lo strumento democratico del referendum aveva scelto la strada dell'autodeterminazione, un principio cardine del diritto internazionale, che sembra valere - per i giuristi che "tengono" per gli Stati nazionali così come concepiti - valido nei Paesi del Terzo mondo ma non nel Vecchio Continente.

Non ci si deve stupire più di tanto che questo avvenga e tutto ciò dovrebbe fare riflettere quel mondo della politica che milita in un range di riflessione che va dal regionalismo al federalismo sino all'estremo dell'indipendentismo. L'aria che si respira è semmai l'irrigidimento degli Stati esistenti, che tengono in mano l'Unione europea, silente e imbelle sui catalani, ritenendo che certe norme costituzionali sono dominio delle Nazioni pre-esistenti e ogni tentativo di uscire da questi ranghi passa attraverso i procedimenti penali e con atteggiamenti repressivi, come in Catalogna, su manifestanti pacifici. E' qualcosa di impensabile davvero, che però registra una tendenza ben chiara. Lo si vede anche nella polemica piccola ma assai dimostrativa di queste ore in cui, in una legge omnibus provinciale sparisce la dizione "Alto Adige", sostituita da "Provincia di Bolzano", mentre resta la dizione in tedesco "SüdTirol" o "SuedTirol". Apriti cielo! Personalità di tutti gli schieramenti gridano allo scandalo, mentre il presidente della Provincia autonoma Arno Kompatscher getta acqua sul fuoco ricordando che ovviamente una legge provinciale non può modificare la norma costituzionale che dal 2001 così è al primo comma: "Il Friuli Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale". Per la cronaca considero una mia medaglia parlamentare aggiungere la dizione francofona della nostra Valle alla norma costituzionale, come i sudtirolesi avevano fatto per il loro Paese. Certo il momento di questo "braccio di ferro" dei miei amici non è dei più adatti, anche se ovviamente la dizione "Alto Adige" rievoca l'epoca fascista, seguita al periodo precedente del dopoguerra, quando vennero annessi all'Italia dopo la sconfitta degli austro-ungarici nella Prima guerra mondiale. Cito volentieri quando scritto dall'agenzia "Agi" per un primo inquadramento: "Il termine Alto Adige, che il consiglio provinciale di Bolzano ha deciso di "cancellare per legge", è stato coniato nel 1810, quando questo territorio fu occupato dalle truppe napoleoniche e assegnato al Regno d'Italia napoleonico. Alcuni partiti sudtirolesi ritengono sia un nome "fascista". Ma la sua storia è un po' più complessa. Dopo l'occupazione di questi territori, i francesi crearono qui il "Dipartimento dell'Alto Adige", dando alla zona il nome del fiume più importante che la attraversa, come spesso fanno i francesi con i loro dipartimenti. In questo caso, il tratto superiore del fiume Adige. Eppure, secondo quanto ha spiegato all'Agi Andrea Di Michele, docente e ricercatore di Storia contemporanea all'Università di Bolzano, il dipartimento originario copriva una zona un po' diversa da quella attuale, ma soprattutto è stato usato solo per pochi decenni. «Di fatto il nome Alto Adige viene abbandonato e riscoperto nel Novecento, con la nascita del nazionalismo italiano, che aspira alla conquista dei territori di Trento e del Trentino», spiega Di Michele. «In questi anni un nazionalista italiano, Ettore Tolomei, fonda una rivista, "L'Archivio dell'Alto Adige", per sostenere la fondatezza storica di questo nome e della necessità che l'Italia annetta questi territori». Italianizzare la provincia di Bolzano diventa «un po' la sua ossessione», spiega Di Michele. Tolomei scrive un "Prontuario dei nomi locali dell'Alto Adige", dà forma alla toponomastica italiana dell'area, poi, «quando l'Italia acquisisce questo territorio (1919, n.d.r.), le autorità italiane riprendono il suo lavoro, i nomi da lui coniati vengono usati per i luoghi e le aree della zona». Ad introdurli ufficialmente «sostituendo o cancellando i vecchi nomi tedeschi», è stato il regime fascista, e questo darebbe ragione alle rivendicazioni dei partiti sudtirolesi. Eppure, spiega Di Michele, «è una questione molto più identitaria che sostanziale, che nasce da prospettive nazionalistiche che tutt'oggi si continuano a rivendicare. Nel 2001 con la riforma costituzionale si era aggiunto al Trentino Alto-Adige il nome "SüdTirol", e mi sembrava un grande passo avanti, una riforma molto lungimirante. Queste polemiche però credo che ci facciano fare un grande passo indietro, rischiano solo di irrigidire le rispettive posizioni giocando sui simboli identitari, che è sempre un rischio molto grande, in grado di far riemergere tensioni che sotto traccia continuano a esistere», conclude". In effetti ci vuole cautela e mi fa piacere citare il blog sul tema scritto da Fabio Vassallo: «"Alto Adige" è il nome adottato dall'irredentista roveretano Ettore Tolomei, ancor prima dell'avvento del fascismo in Italia: questa scelta, al posto del più naturale "Sudtirolo", fu fatta probabilmente a causa del fatto che parte del territorio storico del Tirolo è al di là del Brennero. Per la medesima ragione, durante il fascismo si adottò lo stesso termine (per testi in tedesco il toponimo veniva tradotto letteralmente: "Ober Etsch"). L'uso del nome Tirolo e dei suoi derivati fu proibito; persino diverse società commerciali dovettero per questo cambiar nome! "Alto Adige" è in realtà la traduzione della denominazione del dipartimento "Haut-Adige", costituito nel XIX secolo durante il governo napoleonico (l'area comprendeva però anche il Trentino). Il "Tirolo" (tedesco: "Tirol") prende invece il nome da un paesino presso Merano, da dove provenivano i conti che hanno retto la regione per secoli e dove tuttora si trova l'avito "Castel Tirolo" (tedesco: "Schloss Tirol"): la provincia di Bolzano costituisce la parte meridionale del territorio tirolese. Da queste parti il termine "Sudtirolo" è sentito come tedesco: in realtà non si capisce perché!? :-? Il nome "Tirolo" ha infatti un'origine preromana, ed inoltre ha subito una germanizzazione abbastanza tarda: infatti per esso non è avvenuta la seconda rotazione consonantica dell'alto tedesco. A conferma di ciò si veda il toponimo latino "Teriolis", nel quale c'è stato il cambio fonetico "T -> Z": il nome moderno è "Zirl" (cittadina presso Innsbruck). Tra l'altro, durante tutta la storia precedente all'annessione della zona da parte dell'Italia, i ladini utilizzavano il nome "Tirol" (tuttora dicono "Sudtirol" oppure "Südtirol") ed anche i trentini chiamavano il loro territorio "Tirolo". Oltre a non essere il termine storico con cui le popolazioni romanze si riferivano al luogo, né tantomeno quello adottato dagli antichi Romani, che piuttosto usavano il nome "Rætia" ("Rezia"), il toponimo "Alto Adige" è anche scarsamente descrittivo: la provincia di Bolzano, infatti, non è solo "Adige" ma anche "Isarco" (e la val d'Isarco ha grande importanza nell'assetto territoriale; la stessa Bolzano è bagnata dall'Isarco e non dall'Adige). Nell'orgia bilinguistica tipica di questa zona spesso si parla di "Alto Adige/Südtirol", ma io piuttosto uso "Sudtirolo" (parola che ben difficilmente un italiano nato in provincia si sognerebbe di utilizzare) e vedo come sinonimi "Alto Adige" e "Sudtirolo", preferendo decisamente il secondo termine». A me piace molto il francesismo "Tirolo del Sud", perché suona meglio. Prosegue Vassallo: «Negli ultimi anni diversi autori hanno iniziato ad usare "Sudtirolo" in libri in lingua italiana. Significativamente, gli autori sono per lo più sudtirolesi di lingua germanica o austriaci; l'unico scrittore di madrelingua italiana, credo, è Riccardo Dello Sbarba; ma lui è un toscano di Volterra. Di recente m'è stato detto che "Sudtirolo" sarebbe una parola che "suona male" a causa del gruppo "-dt-", estraneo alla fonetica della lingua italiana. Strano: io sono madrelingua italiano, fiero della mia nazionalità e del mio idioma, che credo di conoscere ed apprezzare, e nonostante ciò il toponimo non ha suscitato in me sensazioni di fastidio!? E? vero che il nesso consonantico "-dt-" non fa parte dell'italiano, ma è altresì vero che un italofono (inconsciamente) pronuncia il nome "suttirolo", adattandolo ai suoni propri della lingua. Del resto in italiano ci sono diversi casi in cui avviene questo fenomeno di assimiliazione fra consonanti; per esempio "con me" viene scritto con la "N", ma è effettivamente pronunciato "kommé". Lo stesso dicasi per tanti toponimi che iniziano con "San", ad esempio "San Martino" e "San Piero", che sono in effetti pronunciati come se fossero scritti "Sammartino" e "Sampiero". Credo proprio che si tratti di un appunto fazioso, dettato da motivi estranei alla linguistica. Vista l'importanza della pubblicità nel mondo moderno, a mio avviso uno dei più importanti tentativi di sdoganare la parola "Tirolo" è stato compiuto dai nanetti testimonial dei prodotti della "Loacker": "Veniamo giù dai monti, dai monti del Tirolo. Cantiamo tutti in coro: Loacker che bontà". In effetti la sede dell'azienda si trova ad Auna di Sotto, sul Renon (altopiano che sovrasta la città di Bolzano). In seguito, purtroppo, il testo del jingle è stato "censurato", eliminando l'aborrito toponimo: "Veniamo giù dai monti, dai boschi e prati in fiore..."». Questo spiega molte cose... Fatemi aggiungere che su "La Stampa" in un articolo di Francesca Paci sull'argomento d'attualità si fa, per chi conosca la materia delle Autonomie speciali e la situazione europea, uno strano miscuglio, molto significativo di certi pensieri: «Il problema è che la decisione di Bolzano rischia di creare un precedente in un contesto nazionale in cui le ambizioni indipendentiste non hanno magari la veemenza catalana ma esistono eccome. Anche perché la recente modifica del Titolo V della Costituzione che riconosce maggiore autonomia alle Regioni ha di fatto ridotto in qualche modo la peculiarità di quelle a Statuto speciale (Sicilia, Sardegna, Trentino-Alto Adige, Valle d'Aosta, Friuli-Venezia Giulia) risvegliandone le antiche pulsioni isolazioniste. "Il termine Alto-Adige viene soppresso, quello Sud Tirolo no. Cose da pazzi. È così che si fa l'Europa?", attacca il direttore dell'Osservatorio sui conti pubblici dell'Unicatt, Carlo Cottarelli. L'Europa, già. Se non fosse che il referendum catalano di due anni fa ha acceso i riflettori sulla Scozia risvegliata dalla "Brexit", l'indomito irredentismo corso, i pugnaci fiamminghi del "N-Va" nel piccolo Belgio, le tante potenziali rivendicazioni analoghe a quelle della "Generalitat" di Barcellona nel cuore di un'Unione in cui l'egemonia culturale è passata da tempo nelle mani del fronte nazional-sovranista».