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20 feb 2020

Il tempo dilatato del Carnevale

di Luciano Caveri

Si può mettere assieme sacro e profano? Certo che sì, perché tutto si frammischia nella nostra natura umana, dalla terra al cielo e ciò avviene in tutte le società, più o meno complesse che siano. Così, per scrivere del Carnevale, momento scherzoso e festoso, bisogna partire dalla Pasqua, festività cardine della cristianità, fatta di una gioia mistica e non di quel divertimento terra a terra delle mattane carnevalesche. Cosa dice di Pasqua il giornale "Famiglia Cristiana"? Ecco sul punto che ci interessa: "Perché la data della Pasqua è mobile? Perché è legata al plenilunio di primavera. La datazione della Pasqua, nel mondo cristiano fu motivo di gravi controversie fra le Chiese d'Oriente e d'Occidente, la prima era composta da ebrei convertiti e la celebrava subito dopo la Pasqua ebraica e cioè nella sera della luna piena, il 14 Nisan, primo mese dell' anno ebraico; quindi sempre in giorni diversi della settimana".

"Solo con il Concilio di Nicea del 325 - si legge ancora su "Famiglia Cristiana" - si ottenne che fosse celebrata nello stesso giorno in tutta la cristianità e cioè adottando il rito Occidentale, fissandola nella domenica che seguiva il plenilunio di primavera. Oggi la celebrazione cade tra il 22 marzo e il 25 aprile denominandola così Pasqua bassa o alta, secondo il periodo in cui capita. Essendo una festa mobile, determina la data di altre celebrazioni ad essa collegate, come la Quaresima, la Settimana Santa, l'Ascensione, la Pentecoste". Manca nell'elenco il Carnevale. Già perché quando capita di chiedersi «Quest'anno quando è carnevale?». La risposta alla sua mobilità dipende proprio dalla Pasqua. Il Carnevale - parlo in teoria - finisce il giorno prima del mercoledì delle Ceneri, che segna l'inizio della Quaresima - periodo in cui i cattolici si preparano per l'arrivo della Pasqua - ed inizia cinque giorni prima del mercoledì delle Ceneri. Dico in teoria perché poi questa festa bizzarra, perché su più giorni e dalle origini antiche nel cuore dell'inverno quando già la primavera fa capolino con la rinascita della Natura (ma da noi gli inverni miti sembrano uno scherzo di Carnevale), ormai deborda da una parte all'altra. Pensiamo alle maschere della Coumba Freida in Valle d'Aosta ed al fatto che già percorrono le strade dei paesi fra frizzi e lazzi sin da gennaio o al Carnevale storico di Verrès che sceglie subito dopo Natale i suoi personaggi e di fatto è già occasione di festa. Ma se il Carnevale ambrosiano inizia una settimana dopo i nostri ed influenzano alcune località sciistiche dei milanesi villeggianti, nel vicino Canavese i festeggiamenti carnevaleschi finiscono quando i nostri iniziano in parte per non sovrapporsi al sontuoso e sportivo (la battaglia delle arance) Carnevale di Ivrea. Insomma, quel che conta, al di là del calendario e delle tradizioni, è viverlo questo Carnevale e per chi, come me, è cresciuto a Verrès quel che interessa di più è vedere come questo momento corale sia e resti - anche in periodi complessi come questo - uno straordinario collante sociale. Questo conta più dei travestimenti, delle musiche, dei balli e dei canti. Ha ragione il grande Gianni Rodari, di cui quest'anno si festeggia il centenario dalla nascita, con la sua filastrocca: «Mi metterò una maschera da pagliaccio, per far credere a tutti che il sole è di ghiaccio. Mi metterò una maschera da imperatore, avrò un impero per un paio d'ore: per voler mio dovranno levarsi la maschera, quelli che la portano ogni giorno dell'anno… E sarà il carnevale più divertente, veder la faccia vera di tanta gente».