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14 apr 2020

Dal buio alla luce

di Luciano Caveri

La mia generazione è stata, nel solco di una tradizione millenaria, forgiata da quella formazione cattolica che faceva parte del proprio percorso di crescita personale, qualunque fosse alla fine il rapporto con la fede che ne scaturisse. Oggi non è più così: il mio bambino più piccolo, che avrebbe dovuto fare la prima Comunione, rinviata a causa della crisi sanitaria, ha molti amici della sua età le cui famiglie hanno scelto di abbandonare per varie ragioni quel cammino che parte dal Battesimo e si snoda attraverso varie tappe. Non sto a discutere su questo fenomeno che nel nostro Occidente è un segno dei tempi, cui per altro si accompagnano forme di sincretismo religioso a dimostrazione da una parte di confusione e dall'altra che esiste l'esigenza di porsi rispetto al trascendente. Per fortuna non esistono costrizioni perché viviamo in una realtà in cui ognuno può operare le proprie scelte e non è poco, pensando ai regimi teocratici che imprigionano le persone.

Eppure trovo che questa scelta di abbandono, senza infilarsi in polemiche sulla laicizzazione della società che servono a poco di fronte alla realtà con cui fare i conti, ha aspetti su cui riflettere, in un mondo nel quale è essenziale per le comunità avere il senso della propria storia e capire i meccanismi che hanno composto nei secoli un'identità collettiva, che legittimamente muta. E il patrimonio di idee e di valori della religione cattolica sono, qualunque giudizio si dia invece della storia della Chiesa, interessanti per sapere chi siamo e da dove veniamo. Altrimenti nella nostra cultura personale si crea un buco di conoscenza in una realtà in cui gli integralismi religiosi sono una minaccia nel mondo, cui bisogna contrapporre modelli di fede diversi senza dimenticare errori ed orrori che hanno accompagnato lo sviluppo del cristianesimo. Non esiste assoluzione possibile per certi passaggi del lungo cammino di affermazione di questa nostra religione. Tuttavia, ci sono momenti collettivi nel corso dell'anno, qualunque sia il modo in cui ciascuno vive obblighi e precetti della dottrina, che difficilmente possono essere capiti se privi di elementi di base che servono a costruire persone informate e consapevoli, a prescindere poi dalla strada personale praticata o no nel rapporto con la dimensione spirituale. Lo scrivo il giorno del Venerdì Santo, quando si staglia la cupezza della croce - simbolo di eccellenza per il cristiano - con il tragico epilogo della Via Crucis, così difficile da capire ai tempi del catechismo, sapendo poi che a questa giornata tragica si sussegue il mistero della Resurrezione e la gioia della Pasqua. Ebbene, la lettura di questi racconti che sostanziano la nostra religione e che hanno consumato nella riflessione generazioni di teologi e di semplici credenti, forse quest'anno - un 2020 drammatico per larga parte dell'umanità, compresa la nostra piccola Valle - serve per capire la nostra situazione così umana. Si tratta in fondo, in questi giorni nuovi per difficoltà, sgomento e dolore, di sapere come il momento difficile, apparentemente insuperabile, preveda poi elementi di speranza per ripartire sotto una luce nuova. Così sarà e la riflessione utile in queste ore la si puoi ricavare, che uno sia credente o meno, dalle vicende del Golgota, dal buio alla luce, dalla morte alla resurrezione.
Poi, appunto, ognuno ne può fare l'uso che vuole, ma tocca prima capire la portata del messaggio.