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19 apr 2020

Solitudine da quarantenite

di Luciano Caveri

Certe giornate di "smart working" accentuano il senso di solitudine. Tu, il cellulare, il computer, il tablet a scavare nelle mail, a sorridere nelle videoconferenze, a confrontarsi via "Whatsapp" ed a fare i conti, malgrado mia moglie che fa lo stesso al piano di sopra ed il bimbo che fa i compiti in cameretta (i due figli più grandi stanno altrove con analoga modalità), con una certa solitudine umana che affatica. Poi, per carità, essendo in salute quando in troppi stanno male, può valere quanto diceva Giacomo Leopardi, certo non un allegrone, quando scriveva che «la solitudine è come una lente d'ingrandimento: se sei solo e stai bene, stai benissimo, se sei solo e stai male, stai malissimo».

Superbo il pezzo di domenica scorsa sul "Sole - 24 Ore" di Mephisto Waltz: "Dicesi quarantenite acuta la sindrome nevrosica con spunti ossessivi indotta da: cacofonia televisiva, melassa di notizie una uguale all'altra e segregazione domestica, meglio in uno spazio ridotto, ove si scatenino più facilmente insopportabilità, egoismi, egocentrismi. Logica conseguenza, dopo anni di bengodi e viaggi in ogni dove, in estrema mobilità cittadina, perfino su monopattini fastidiosi come mosche. Mephisto sa bene che contro il primo accenno di malaise - tosse secca, qualche linea di febbre e spossatezza - non c'è rinoleina che tenga: «Al primo accenno di raffreddore... etcì, Rinoleina», com io e recitava la deliziosa pubblicità. Ma oggi, oltre alla quarantenite, si segnala (soprattutto per le signore cui è stato tolto il rito del parrucchiere) la Nefertite, quella che il faraone Akhenaton, marito di Nefertiti (1345 a.C.) le attribuiva per i capricci. Umberto Eco (1932-2016) a Venezia per uno dei magnifici seminari della Fondazione Umberto ed Elisabetta Mauri, al momento del buffet si divertiva sussurrando a chi si abbuffava di essere prudente, perché avrebbe potuto infettarsi e prendersi la Nefertite. Pochi ci cascavano ma la gag era meravigliosa. Per la depressione da obbligo dei "domiciliari", innanzitutto vale la cura del considerarla un'inezia rispetto a lager e gulag, ai Piombi veneziani di Casanova (1725-1798) allo Spielberg di Silvio Pellico (1789-1854) o alla famigerata Torre di Londra voluta nel 1078 da Guglielmo il Conquistatore, dopo la battaglia di Hasting, prigione dal 1000 fino a pochi decenni fa. Vi ricordate Anna Bolena, decapitata a trent'anni dopo una prigionia di 17 giorni nella Torre? Satanasso si affaccia dal suo antro e rivede il film di tutte le privazioni di libertà degli umani: ecco lo scozzese Duns Scoto (1266-1308) - che Paolo VI beatificando (1993) chiamerà Dottor Sottile - il quale predicava il "condelectari sibi", cioè l'esaltazione della propria volontà a rallegrarsi, in esercizi contro la costrizione. Come ricorda Oliver Sacks (1933-2015) a proposito del lungo piacere che provava… nuotando. Ed ecco Christopher Burney (1917-1980) che in cella di isolamento opponeva alla tragedia la forza dal suono dei battiti sul muro, che lo separava da un altro detenuto. Non fatela tanto tragica, continua Mephisto, trasformate la segregazione in un'esperienza di libertà del tempo". Seguono preziosi consigli letterari e musicali, sempre sul crinale fra cultura e ironia, che ben si accompagnano. Resta questa storia della solitudine e in certe giornate lo stato d'animo non è granché, soprattutto quando il bollettino dei morti intristisce assieme alla percezione di troppe cose che non tornano. Mi monta come una nebbia con il cielo scuro al di sopra attraversata da fulmini contro chi non capisce dove siamo e soprattutto certe incognite per il futuro. Ogni tanto ci si sente nella cupezza, come Salvatore Quasimodo con i suoi celebri versi: «Ognuno sta solo, sul cuore della terra, trafitto da un raggio di sole: ed è subito sera». Da Leopardi, come un messaggio di speranza di fare comunità per reagire alle proprie paure e inadeguatezze, arriva un antidoto ne "La Ginestra" in cui il poeta invitava alla solidarietà tra tutti gli uomini: «Tutti fra sé confederati estima, gli uomini, e tutti abbraccia, con vero amor, porgendo valida e pronta ed aspettando aita negli alterni perigli e nelle angosce della guerra comune».