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28 apr 2020

Il 25 Aprile

di Luciano Caveri

La Festa della Liberazione è una cosa seria. Non sopporto più chi la tira da una parte e dall'altra. Inqualificabile e talvolta eversiva è l'estrema destra ancora nostalgica che non si rassegna che il 25 aprile abbia significato la fine del ventennio fascista, liberticida e disastroso e si arrampica sui vetri della Storia in modo patetico ed inconcludente. Idem l'estrema sinistra che cerca di impadronirsi di un movimento resistenziale pluralista e che spesso grida e canta slogan e canzoni partigiane in cortei che mettono a ferro e fuoco le città, per non dire di chi a Sinistra cerca di impadronirsi e sfruttare a senso unico il mondo partigiano in una logica di ortodossia ideologica svilente. Che pena, davvero, e fonte non di depressione - quella è una malattia - ma di scoramento, cioè di un dispiacere che ti colpisce al cuore, specie per la constatazione che - 75 anni dopo - molti virus (e non solo quello vero che si aggira, il "covid-19") colpiscono una democrazia italiana e purtroppo valdostana che mostrano fragilità ed incongruenze per usare parole lievi.

Ne ho sì ben più pesanti da usare ad personam e spero ci sia la possibilità di pronunciarle, quando finirà questa emergenza che ci obbliga, per buonsenso, ad usare la sordina, ma sia chiaro che l'emergenza sanitaria e la crisi economica non faranno da alibi a chi calpesta Costituzione e Statuto speciale, che sono l'eredità giuridica e morale del dopoguerra. Mi domando talvolta come uscire, specie nella mia piccola Valle, da una situazione di paralisi politica che crea allarme ed è impastata da una decadenza morale con le vicende giudiziarie note. Una campana a morto suona per l'Autonomia e farebbe rabbrividire chi nel 1945 con il lavoro negli anni precedenti di tanti antifascisti (da distinguere fra quelli della prima e quelli dell'ultima ora) riuscì a fare della Valle una Regione autonoma. Non abbiamo bisogno di supereroi per tornare a galla: basta che le persone oneste e capaci si alzino in piedi di fronte a mediocri e disonesti, obbligandoli a mettersi da parte. Facile a dirsi, difficile a farsi, perché in troppi si lamentano ed invocano il cambiamento, ma poi rifuggono a impegno e militanza in politica, lasciando campo libero alla mediocrità e al malaffare, per poi preoccuparsi delle evidenti conseguenze. La casa brucia e molti la guardano bruciare, pensando che tocchi a chissà chi evitare il peggio. I partigiani, persone di tutte le estrazioni e non supereroi, decisero, invece, di rischiare e, pur con le molte contraddizioni della Resistenza, ci misero la faccia ed alcuni persero anche la vita, per salvare il salvabile e ci riuscirono, confluendo in quel movimento più vasto contro le dittature fasciata e nazista, dimostrando che non tutti gli italiani erano abbacinati da Benito Mussolini, dittatore nato dal caos dopo la Prima guerra mondiale. Certe analogie con quel terreno di coltura in cui nacquero quei regimi sono evidenti e preoccupanti e lo sono anche le paradossali aperture che certa politica italiana fa a Russia e Cina, sistemi nati da un comunismo anch'esso autocratico e liberticida. Io voglio restare europeo ed europeista come lo erano i migliori esponenti politici valdostani che lavorarono nel 1945 per dare democrazia e benessere alla nostra Valle. Morti i partigiani, il 25 Aprile resta una data simbolica, che si trasforma da manifestazioni di piazza a punto di riferimento ideale. E' destinata certo a mutare e potrebbe scolorirsi inevitabilmente se la democrazia, come ora, prendesse una brutta piega. Nel nostro minuscolo lo si vede con una situazione istituzionale paradossale con un Palazzo regionale, luogo della democrazia, con molti dilettanti allo sbaraglio e un Consiglio Valle che si svuota sempre più del proprio ruolo, mentre la Giunta appare nelle mani di un presidente confuso e balbettante che non si fa da parte, perché il potere può dare alla testa, ad avercela. A Roma quel che capita è evidente e fonte di sofferenza con un Governo Conte abborracciato e persino grottesco e con un premier vanitoso e inconsistente, che ancora in queste ore ha mostrato ad una Unione europea in crisi di identità come si possano dire senza batter ciglio delle cose e il loro contrario con lo stesso aplomb. Triste 25 Aprile, insomma, ma questo non deve significare demordere e accontentarsi del mugugno, che è un male italiano, se alla denuncia dei fatti segue la muta rassegnazione. Quindi la famosa ripartenza o "fase 2" spero possa significare una riflessione sui mali che hanno colpito le radici della democrazia e la reazione è un obbligo etico e anche una convenienza per tutti, altrimenti andremo a fondo in acque limacciose.