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19 mag 2020

Ricordando il "Rendez-vous valdôtain"

di Luciano Caveri

Mi è capitato raramente in questi anni di tornare nella palazzina stile western ex "Esso" di Avenue des Maquisards sede dell'Union Valdôtaine, dove ho trascorso - nel mio ufficio al primo piano lato strada - molti anni per il mio lavoro di parlamentare. Ovvio che fosse così, dopo la mia rottura con il "Mouvement", non c'era ragione per tornarci, se non per rare riunioni fra forze politiche. Ma ad essere fonte di ricordi era tutta quell'area dove per anni ho partecipato ai "Rendez-vous valdôtains", la versione unionista di quanto faceva il vecchio Partito Comunista con le "Feste dell'Unità". Una vasta zona dove si allestiva la festa, di recente rasa al suolo per costruire delle abitazioni ed è come se d'incanto sparisse un luogo della memoria. Memoria che si perderà inevitabilmente. I "Rendez-vous", sin dalla fine degli anni Settanta, erano per me un luogo ameno di distensione e di divertimento, quando cominciai a fare il giornalista senza impegni politici.

Ma quando d'estate venivano montate attrezzature e padiglioni quell'angolo di Aosta si "valdostanizzava" e diventava una sorta di "zona franca" dove concludere le serate. Poi, dalle mie prime elezioni del 1987, dove festeggiammo il mio seggio alla Camera, quell'appuntamento annuale diventò un dovere ed un piacere politico. L'aggregazione del mondo autonomista, interpretata a pieno da questa festa popolare, significava comunanza, fratellanza, scambio di idee e occasione per fare bisboccia. Non che non ci fossero rivalità di vario genere, ma si riusciva sempre a fare sintesi per un interesse superiore. In seguito la lenta ma costante diaspora unionista, nata per molti a causa di ragioni fondate su di un clima irrespirabile nel "Mouvement", ha portato alla morte per asfissia del "Rendez-vous". Intendiamoci, la sua morte non è stata dovuta solo alla fine di un'epoca di "serrate le fila", ma anche al cambio radicale del modo di fare politica e questo ha colpito anche momenti aggregativi come questo, fatti di divertimento ed anche di dibattiti politici ed occasioni culturali. Ci sono stati davvero forti cambiamenti nella società valdostana, di cui non sempre si è avuta consapevolezza. Come avvenuto anche con i comizi di paese sempre più spogli di significati perché ci vengono solo in pochi e già convinti, la politica si è spostata con modalità diverse: radio, televisione e poi l'irrompere del Web con i "social" ed altro ancora. Modificazioni profonde di cui prendere atto, perché il tempo non si ferma e ogni tentativo tardivo di ridare fiato alle feste di partito è naufragato di fronte ad un cambio di mentalità e di costume. Per cui non si può piangere sul latte versato, se l'evento è figlio dei dei cambiamenti che pongono nuove e diverse prospettive. Purtroppo certa socialità è venuta meno e non mi pare sia stata sostituita da niente di buono e l'abisso elettori ed eletti, che trovava in certi momenti un'occasione interessante di dialogo, si è persa nella Rete e nel disprezzo crescente verso politica e politici, alcuni dei quali se la sono cercata, ma poi - com'era prevedibile - si è fatta di tutta un'erba un fascio e la famosa "Casta" è stata in larga parte sostituita da personale politico mediocre e impreparato. Colpa dei politici, certo, ma anche dei "pifferai magici" che hanno predicato il famoso «uno vale uno», sostenendo che chiunque può fare tutto e dunque ci si è trovati di fronte a dilettanti, emersi come tali specie in circostanze difficili come l'attuale. Alla fine, forse, non vedere un "Rendez-vous" con mascherine e distanziamenti, dalle grandi tavolate allegre al ballo liscio in pista (sono negato con questi balli, ma lì ballavo, magari dopo un buon bicchiere di vino!), è persino un bene, ma guardando certe foto del passato la lacrimuccia ci scappa assieme al doveroso ricordo di quel popolo unionista rimasto orfano di quell'unità di intenti che ci aveva reso forti. Vedremo cosa riserverà il futuro, intanto certi souvenirs d'antan scaldano il cuore e accendono la speranza che ci sia un orizzonte da raggiungere, quando si potrà, attraverso nuove forme di aggregazione politica nel solco della storia passata ma con sguardo deciso verso il futuro.