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04 ott 2020

Dolente Catalogna

di Luciano Caveri

Ricordo un anno fa la prima sentenza a carico dei separatisti catalani promotori del referendum con il quale nel 2017 venne tentata la secessione della regione autonomista dalla Spagna. La condanna più pesante (tredici anni) venne inflitta ad Oriol Junqueras, uno dei leader dell'indipendentismo catalano tutt'ora in carcere; pene che variarono tra i nove ed i dodici anni per altri dodici politici protagonisti del tentativo di distacco di Barcellona da Madrid. Condanne pesanti e ingiustificate, visto che tutto avvenne senza alcuna violenza e con un'ondata popolare di sostegno senza eguali. Una democrazia avrebbe accolto l'esito delle urne, mentre la Spagna ha scelto la galera in piena continuità con una logica franchista contraria al principi sacrosanti dell'autodeterminazione dei popoli. Il silenzio costante dell'Unione europea, complice di Madrid, mi lascia ancora esterrefatto e deluso. Fa sorridere ora il goffo tentativo del Governo spagnolo che annuncia il lungo iter di un indulto per i condannati: una farsa, se non fosse una tragedia.

Ora, in più, la Corte Suprema spagnola ha confermato la condanna ad un anno e mezzo di interdizione dalle cariche pubbliche per il presidente della Generalitat catalana, Quim Torra, accusato di "disobbedienza" per essersi rifiutato di rimuovere, durante il periodo elettorale, gli striscioni a sostegno degli indipendentisti in carcere. La sentenza potrebbe portare la Catalogna ad una fine anticipata della legislatura ed alle elezioni che potrebbero tenersi all'inizio del prossimo anno. Nel frattempo, a guidare la Regione sarà il numero due della Generalitat, Pere Aragonés, che assume automaticamente la Presidenza a seguito della rimozione di Torra dall'incarico. L'Alta corte lo ha condannato per "reiterata e caparbia disobbedienza agli ordini ripetuti di un organo costituzionale la cui funzione è garantire la trasparenza e la legalità dei processi elettorali e che esige la neutralità dei poteri e delle amministrazioni pubbliche". Torra si è "ostinatamente" rifiutato di ritirare alcuni simboli dagli edifici pubblici dipendenti dalla Generalitat durante le elezioni generali indette per il 28 aprile del 2019. Robe da matti: una condanna dimostrativa ed ideologica. Segno che nulla cambia in Spagna qualunque governo governi. Tutte balle le promesse del Governo Sánchez II in carica da 13 gennaio 2020. L'Esecutivo si regge su una maggioranza di centro-sinistra formata da "Psoe", "Podemos", "Psc", "Iu", con l'appoggio esterno di alcuni partiti autonomisti, purtroppo. Questi primo governo di coalizione nella storia della democrazia spagnola post-franchista è sulla Catalogna in linea con la scelta centralista e giacobina. La repressione resta l'arma usata contro i catalani e il dialogo politico viene periodicamente lanciato, come ballon d'essai, a giustificazione di questa linea. Qualunque democratico, a prescindere dalle sue idee sull'indipendenza catalana, dovrebbe fremere di rabbia e considerare la brutalità di certi metodi. Al nazionalismo pacifista dei catalani si contrappone il nazionalismo becero degli spagnoli, ben visibile anche nei commenti spesso fascistoidi sui "social" quando si parla di Barcellona e dei suoi diritti. Cartina di tornasole utile per capire anche in Italia come sia grottesco pensare che i sovranisti delle nostre parti possano essere paladini della causa catalana. Scriveva Nicola Rossi un annetto fa su "Il Foglio": «L'Italia è riuscita nell'impresa di avere un movimento al tempo stesso autonomista in parti significative del paese e sovranista in tutto il paese. Un movimento che capeggia quella che - a torto - è stata definita "la secessione dei ricchi" e, al tempo stesso, si candida a rappresentare quel Mezzogiorno che - a torto o a ragione - insistendo sul carattere nazionale della questione meridionale non fa che ribadire implicitamente l'assoluta intangibilità dell'assetto nazionale, come qualunque partito sovranista farebbe. Non è chiaro quale dei due volti prevarrà (perché a prevalere, nei fatti, sarà non più di uno dei due)». Interessante capirlo non solo per la politica europea, Catalogna compresa.