Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
11 apr 2021

Cambiare paradigma

di Luciano Caveri

Giunti a questo punto si potrebbe dire: «bisogna cambiare paradigma». Di fronte alla pandemia, di cui conosciamo l'inizio per averlo vissuto ma non la fine, troppe volte annunciata, si sono accumulati comportamenti cui ci siamo ormai abituati ma non assuefatti con variazioni che confermano come tutto il mondo grossomodo sia paese. Il principio delle misure pubbliche è stato il confinamento più o meno forte per isolarci dai rischi del contagio, così come si sono aggiunte tutte le misure di distanziamento e di disinfezione per la nostra sicurezza e soprattutto spiccano le chiusure ed il ridimensionamento di attività economiche e sociali, laddove si è considerato che il virus potesse essere trasmesso e dunque contrastato con una logica di contenimento. Tutto doveva contribuire a rallentare la circolazione della malattia in attesa che la vaccinazione di massa consentisse l'eliminazione del problema e il ritorno alla normalità.

Poi, per carità, come in ogni "dopo" si potrà discutere su quali potranno essere le novità che deriveranno dalla situazione eccezionale che stiamo vivendo, nostro malgrado. Per quanto i tempi per una soluzione radicale fossero sempre teorici, spesso gli esperti - specie i virologi che sono i più titolati per farlo - hanno avanzato ipotesi, che però di volta in volta paiono spostarsi sempre più in là. Sino alla considerazione del fatto - almeno così avevo capito - che ad un certo punto, più che una eradicazione vera e propria a portata di mano, ci sarebbe stato un periodo di convivenza forzata con il "covid-19" attraverso tappe di progressivo riavvicinamento alla vita precedentemente vissuta. Questo scenario faticoso ma rassicurante al momento non è ancora visibile. L'impressione è che si susseguano ondate in una logica "stop and go" per nulla rassicurante, anzi le incertezze accrescono un senso di frustrazione e di generale affaticamento. Io stesso ci sono giorni in cui ho l'impressione sgradevole che stiamo svuotando il mare con un cucchiaino e che i sacrifici che facciamo vengano facilmente azzerati in una situazione che si fa snervante e ci priva di energie. Ecco perché, senza nulla togliere a cautele ed accortezze e senza venir meno a disciplina e senso di responsabilità, credo che sia necessario sbloccare la situazione, altrimenti le condizioni economiche, sociali e mentali ci porteranno verso conseguenze che non oso immaginare. Sulle conseguenze economiche e sociali ho versato in questo anno una marea di inchiostro e di parole. Su quelle mentali, a cominciare da me stesso cui si sta esaurendo quella carica che in genere ho, noto un progressivo e preoccupante peggioramento, cui bisogna dare una risposta senza nulla di eccezionale. Ci vogliono piccoli ma significativi spazi di libertà personale e collettiva, specie verso chi si è comportato bene sino ad ora e deve avere per i suoi sforzi qualche segno di riconoscenza per aver affrontato, a diverso titolo e con diverse ricadute, tutto quanto si è concentrato in poco tempo. Questa forma pur parziale di liberazione dalle lunghe costrizioni è oggi diventata ineludibile e l'avvertiamo tutti indistintamente. La privazione di molte libertà a fin di bene non nasconde e soprattutto non attutisce le privazioni in sé, che necessitano di un crescente equilibrio.