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23 mag 2021

La vita moltiplicata

di Luciano Caveri

Sto lavorando su di uno studio demografico per il futuro. Niente di troppo in là: si tratta di capire che cosa capiterà tra dieci anni e questo vale, valutando nascite e morti, per predisporre oggi una serie di misure per il domani. Ho l'impressione che la penuria di bambini sia un fatto gravemente sottostimato, cui si ricollegherà - che piaccia o no - una politica seria di gestione delle migrazioni, non solo per la spinta che viene in un mondo che deborda di esseri umani, ma perché ci sarà bisogno di braccia e cervelli. Chi se ne occupa da tempo ha più volte segnalato l'emergenza e questo appello è venuto da tutte le posizioni politiche. Basta guardare i dati per capire le ripercussioni enormi che ci saranno. Eppure, al di là delle legittime e utili misure invocate da chi intende agevolare le famiglie a fare figli avendo strumenti economici e sociali per farlo, ormai è del tutto chiaro come in tutto l'Occidente, noi compresi, ci sia qualcosa di più profondo, che inerisce mentalità, comportamenti, costumi.

Ho letto con curiosità una risposta sul "Corriere della Sera" di Aldo Cazzullo, nella sua rubrica di lettere al giornale. Un lettore chiedeva: «Caro Aldo, sia il Papa sia Draghi hanno invitato gli italiani a fare più figli. Federico Fubini ha spiegato sul "Corriere" che il crollo della natalità condanna il Paese alla bassa crescita economica. Ma perché secondo lei gli italiani non fanno più figli? Solo perché mancano gli asili nido?» Risponde Cazzullo: «Caro Mario, dopo gli interventi del Papa e di Draghi, agli Stati generali della natalità organizzati da Gigi De Palo si è discusso a lungo della questione. Se nel 1918, l'anno del Piave e della febbre spagnola, sono nati più italiani che nel 2018, all' evidenza il problema non è solo economico, ma culturale; anche se le due cose sono legate». E' esattamente il mio pensiero: le due cose sono strettamente collegate ed anche se oggi facessimo precipitare sulle famiglie aiuti e prebende - che pure sono necessari, intendiamoci bene per riavviare la natalità - non sono così sicuro che si scuoterebbe chi ha anche altre ragioni. Prosegue il giornalista nella sua risposta: «Un tempo i figli erano una risorsa. Servivano a lavorare nei campi, a prendersi cura dei vecchi, se femmine a incassare la dote. Molti morivano piccoli di malattie a volte legate alla denutrizione. Inoltre, i figli erano considerati un dovere. Marianna Ucria, il personaggio immortale di Dacia Maraini, si ribella giustamente a un destino già scritto: "Sposarsi, figliare, fare sposare le figlie, farle figliare, e fare in modo che le figlie sposate facciano figliare le loro figlie che a loro volta si sposino e figlino". Oggi i figli sono considerati un costo e un lusso. Ovviamente era sbagliata la mentalità secondo cui le donne venivano al mondo solo per partorire. Si è finalmente capito che le donne possono lasciare grandi tracce di sé anche senza diventare madri; purché sia una libera scelta, e non una costrizione. I nuovi asili nido finanziati dal "Recovery Plan" aiuteranno; ma non basteranno». Certo il mondo è cambiato e per fortuna la specie umana si è sdoganata dall'ossessione riproduttiva, che pure - anche se può far storcere il naso - è caratteristica di ogni essere vivente che deve assicurare la propria successione. Di questo ogni comunità deve essere cosciente, perché oggi, anche attraverso le nascite, si configura la società di domani. Su questo Cazzullo affonda la lama e direi che invita ad una riflessione seria sul tema: «La cifra del nostro tempo è il narcisismo; che è sterile per definizione. Narciso si innamora di se stesso, e si consuma. Gli italiani - maschi e femmine - oggi non hanno fiducia nel futuro. Ne sono spaventati. Esitiamo a prenderci responsabilità: perché da un figlio non si divorzia, un figlio è per sempre; e "per sempre" è un'espressione che spaventa; meglio le storie di "Instagram", che si cancellano dopo un giorno. Ovviamente la paura è un sentimento legittimo. Non va esorcizzata o negata; vanno rimosse le cause che la provocano. Oggi nessuno mette al mondo un figlio a cuor leggero, pensando che faticherà a trovare lavoro e a costruirsi una vita libera e autonoma. Se il grande piano di investimenti pubblici saprà parlare ai giovani e metterli al lavoro, allora le coppie saranno incentivate a fare figli; non solo perché potranno mantenerli, ma perché penseranno che un giorno i loro figli potranno essere felici». Verrebbe da dire: più Welfare ed anche più soldi, ma che da soli non bastano. Ha scritto Milan Kundera: «Avere un figlio significa manifestare un assoluto accordo con l'uomo. Se ho un bambino, è come se dicessi: sono nato, ho assaggiato la vita e ho constatato che essa è così buona che merita di essere moltiplicata». Questo è amore.