Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
13 giu 2022

Rimpiangere la noia

di Luciano Caveri

Ogni volta che finisce la scuola penso alle vacanze del tempo che fu. Che meraviglia quella tabula rasa per gli studenti da giugno al 1° ottobre. Peccato che all'epoca ci fosse in noi su questo unicum nella vita una beata inconsapevolezza. Ci pensavo, leggendo in un misto fra divertimento e preoccupazione un libro "100 cose che abbiamo perso per colpa di Internet" di Pamela Paul. Il primo dei cento è la noia. Parola - "noia" - che di primo acchito mi evoca un libro letto da ragazzo. All'epoca bisognava leggere i libri di Alberto Moravia, per me assolutamente sopravvalutato, e uno dei suoi best-seller fu proprio "La noia" con frasi del genere: «Per me, invece, la noia non è il contrario del divertimento; potrei dire, anzi, addirittura, che per certi aspetti essa rassomiglia al divertimento in quanto, appunto, provoca distrazione e dimenticanza, sia pure di un genere molto particolare. La noia, per me, è propriamente una specie di insufficienza o inadeguatezza o scarsità della realtà». Che noia...

Ma torniamo al libro e all'approccio della Paul: «Vi ricordate la noia? Quella cosa che incombeva su di voi quando eravate bloccati nel traffico e non c'era niente di decente alla radio, e il tempo sembrava non passare mai? Quando eravate intrappolati in fila al supermercato, lo sguardo vitreo dopo aver letto (due volte) ogni titolo di ogni tabloid che illanguidiva accanto alle gomme da masticare alla menta extraforte? Quando aspettavate che la vostra coinquilina si decidesse ad arrivare per cena, dopo aver architettato mentalmente venti minuti prima tutto il pasto, dagli stuzzichini al dessert, o quando languivate nello studio del medico senza niente da leggere se non qualche vecchia copia tutta macchiata del "Reader's Digest"? La noia era una cosa che si poteva trovare quasi ovunque. Niente da fare, niente per divertirvi o distrarvi durante quei preziosi momenti liberi in mezzo alle ore frenetiche di tutte le altre cose che dovevate fare. Vi maledicevate per non esservi portati dietro da leggere. Ma ora abbiamo risolto il problema, perché la noia non c'è più. Non ci sono più momenti vuoti e il semplice pensiero di un momento vuoto (e chi ha il tempo per pensarci?) sembra assurdo. Non molto tempo fa, la "Motorola" coniò il termine "micronoia" per descrivere quei piccoli momenti sparsi di inoperosità che a volte ci perseguitavano, ma potevano essere risolti all'istante con lo smartphone: appena coniato il termine, avevano già pronta la soluzione. Il più piccolo vuoto poteva essere riempito con un movimento del pollice sul display: applicazioni, videoclip, post, link, una nuova scorpacciata di serie, tutto a portata di mano. Un numero infinito di amici, conoscenti, colleghi, "amici" di Facebook, giocatori di "Words with friends" o gente con cui chattare è lì a disposizione nella mano o nella tasca, pronto a entrare in azione». Caspita, quanto è vero! Viene davvero da rimpiangere certo dolce far niente rispetto invece a questo nostro terribile attivismo al limite del patologico. Ancora la scrittrice: «La gente un tempo accettava il fatto che la vita fosse per lo più noiosa. In inglese, la parola che designa la noia, "boredom2, è attestata solo a metà Ottocento. Uno dei motivi di questa comparsa tardiva è che la noia non rappresentava una condizione particolare. La vita era noia e la noia era vita, nel campo di grano o al telaio meccanico. I libri di memorie che raccontano come vivevano le persone prima del XX secolo abbondano di lunghi momenti di tedio, anche per chi aveva soldi da scialacquare in quantità. Quando non oziavano nei salotti, le classi alte se ne andavano a fare lunghe passeggiate senza meta per sentieri deserti a contemplare gli alberi; si facevano un giro in automobile e contemplavano altri alberi. Per chi era costretto a lavorare per vivere era più dura: fare il contadino, l'operaio o l'impiegato erano attività mortalmente noiose; quasi nessuno si aspettava realizzazione o coinvolgimento dal lavoro salariato. I bambini si abituavano all'idea fin da piccoli, quando venivano lasciati a se stessi senza nulla per distrarsi al di fuori, quando gli andava bene, di qualche libro o un ramo d'albero. Soltanto pochi decenni fa, in quel tempo perduto in cui i genitori non stavano costantemente dietro ai figli, gli adulti tendevano a pensare che un po' di noia fosse benefica, che andasse addirittura incoraggiata, perché costringeva i bambini a esercitare l'immaginazione e l'ingegno. Una modica quantità di tedio poteva servire a rendere una persona meno annoiata nel lungo periodo. Oggi, abbandonare un bambino all'inattività è considerata una grave inadempienza da parte di un genitore; di qui la proliferazione di opportunità e iniziative per coinvolgere il bambino in attività extrascolastiche che si accumulano all'infinito. Ma quando non sono seguiti costantemente dai genitori e controllati fin nei minimi dettagli, i bambini vengono lasciati a loro stessi... e ai loro dispositivi digitali. I genitori che fanno i preparativi per un lungo viaggio in macchina o un volo in aereo sono come ufficiali dell'esercito che pianificano una complicata manovra militare. Quali film caricare sull'iPad? E' il caso di iniziare un nuovo podcast per famiglie? E' il momento adatto per lasciare che i bambini giochino con "Fortnite" sul sedile posteriore finché il cervello non gli va in pappa? Che cosa facevano i genitori degli anni settanta quando i bambini si annoiavano nei sedili posteriori? Niente! Li lasciavano ad annusare le esalazioni della benzina, a torturare i loro fratelli ed a giocare con la cintura di sicurezza (visto che a quell'epoca nessuno la usava per lo scopo per cui era stata creata). Se a casa avevate la malaugurata idea di lamentarvi perché vi stavate annoiando, allora ve l'andavate proprio a cercare. "Vai fuori" vi abbaiavano contro papà e mamma, o peggio ancora: "Rimetti in ordine la tua stanza". Ma era solo ciondolando nel seminterrato o nel cortile sul retro che un bambino poteva assuefarsi agli effetti anestetizzanti della noia, e quella monotonia, per compensare, metteva in moto il cervello». Trovo la ricostruzione meravigliosamente realistica!