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13 mag 2018

«Sono tutti uguali quelli che fanno Politica»

di Luciano Caveri

«Sono tutti uguali quelli che fanno Politica». Questa sentenza di morte che piomba con smorfia di disgusto o con dileggio l'ho sentita mille volte nella mia vita ed ho finito per abituarmi al fatto che ciò avvenga, anche se lo ritengo soggettivamente ingiusto. Dico soggettivamente, perché l'esperienza mi ha portato a dire che posso garantire del tutto e principalmente per me stesso e non mi spingo - avendo avuto notevoli delusioni nella vita - a fare da scudo ad altri. Anche se, per mia fortuna e per chiarezza per non fare neppure io di tutta un'erba un fascio, di persone corrette e oneste in Politica su cui spendere elogi ne ho conosciute tante, che hanno dedicato alla loro vita davvero al Bene pubblico e non agli affaracci loro.

Poi, come nella società in cui viviamo, di cui gli eletti sono il riflesso, ci sono tutte le tipologie umane che se occupano, pur condividendo l'impressione di un certo progressivo peggioramento, spesso reso più acuto proprio da certi predicatori di nuovismo, gran parte dei quali privi di quei fondamentali strumenti culturali che dovrebbero essere un prerequisito e lo dico senza alcun snobismo. E sulla base di una considerazione: sarà vero che la Politica non è una professione vera e propria o almeno non dovrebbe esserlo, ma questo non significa affatto svolgere questa attività senza quella professionalità che si deve avere anche per un mestiere elettivo e come tale pro tempore, dunque con un inizio e una fine. Per altro, più il tempo passa e più sto modificando il mio modo di pormi con certi interlocutori che amano generalizzare e sono ciechi rispetto ad ogni obiezione pur ragionevole. Un tempo cercavo anche con il più cocciuto nelle sue convinzioni, che non condividevo, di essere ragionatore e persino seduttivo. Ritenevo - povero ingenuo... - di poter in qualche modo dialogare e, se portatore di buone ragioni, rovesciare certi modi di pensare. Oggi mi rendo conto quanto sia tempo sprecato in gran parte dei casi: chi cavalca l'antipolitica, l'antiparlamentarismo, la demagogia galoppante, il populismo becero, le "fake news" più ridicole non discute ma sentenzia e qualunque cosa gli venga detta non cambia idea, perché chi è settario crede e bastano e avanzano le proprie convinzione imbullonate in profondità e, come tali, immodificabili. Scriveva Bertrand Russel: «Il problema dell'umanità è che gli sciocchi e i fanatici sono estremamente sicuri di loro stessi, mentre le persone più sagge sono piene di dubbi». Già i dubbi, che certo a me non mancano e che mi costringono con elevata periodicità ad interrogarmi sui miei percorsi, che spesso sono stati giusti e lineari, mentre talvolta mi sono fidato malamente o ho compiuto errori di valutazione. Ma allo specchio, la mattina, posso guardarmi e posso fare il patetico con i miei figli, segnalando con orgoglio che almeno sull'onestà personale nessuno avrai mai nulla da dire del loro papà. Ma, per carità, non è solo un caso personale, perché siamo tutti immersi in questo mondo complesso, che va dal proprio condominio al mondo intero. La Democrazia è malata, i sistemi costituzionali stentano a inseguire la realtà fuggente, i partiti languono spesso in mano a farabutti, l'affarismo esiste e la Magistratura è lenta nel disvelare certe storie, il malaffare in Italia si incrocia con le organizzazioni criminali, esiste talvolta negli eletti e nei dirigenti apicali una sconcertante pochezza. Sono io a dirlo ed a testimoniarlo, senza ricorrere a chissà quali congiure nascoste o organizzazioni occulte. Però - mi chiedo - alla fine che cosa ci possa essere di alternativo per reagire attraverso gli strumenti democratici, per fare pulizia, per cancellare i mediocri e a cercare persone capaci e con voglia di fare. Avviando, se possibile, stagioni riformatrici e sapendo che ogni cambiamento presuppone idee e capacità di dialogo. Ne ha scritto, negli scenari drammatici che ben conosce, lo scrittore israeliano Amos Oz, quando dice: «Nel mio mondo, la parola compromesso è sinonimo di vita. E dove c'è vita ci sono compromessi. Il contrario di compromesso non è integrità e nemmeno idealismo e nemmeno determinazione o devozione. Il contrario di compromesso è fanatismo, morte». Sarà drammatica come affermazione, ma morte può avere significati vari. Applicata alla democrazia, ogni mancanza di dialogo fra chi si vuole ascoltare reciprocamente finisce per sfociare in scelte autoritarie, la cui gravità è come i tasti di un pianoforte, a segnalare dal suono la gravità della situazione. Guardo all'Italia e all'Europa di oggi con preoccupazione e la stessa Valle d'Aosta sembra immersa in una logica difficile da indagare e non è solo l'avvicinarsi delle elezioni regionali ad aumentare la mia ansia. Vedo in quell'asserzione, che segue la prima all'inizio, e cioè «Sono tutti ladri» una porta aperta verso l'esigenza di giustizia e di pulizia, ma anche e purtroppo l'affannarsi di un sottobosco ambiguo e arraffone che non mira a chissà quale risultato se non quello - come abili surfisti sull'onda dell'indignazione - di accaparrarsi una sedia di qualunque genere. Dunque è bene distinguere fra chi ci crede e va rispettato ed a cui va chiarito che la generalizzazione non colpisce mai nel segno e chi invece lo fa per un triste opportunismo, degno della peggior Politica.