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26 set 2019

Il coraggio della Consulta sul "suicidio assistito"

di Luciano Caveri

In premessa ricordo il caso di cronaca: Marco Cappato, politico radicale, accompagnò DJ Fabo, in fase terminale di una malattia degenerativa, in una clinica in Svizzera, dov'è consentito, come in altri Paesi del Vecchio Continente, il "suicidio assistito". Una scelta finale, drammatica ma consapevole, per un malato sofferente senza più speranza. Ripeto: "consapevole" ed è certo meglio che buttarsi da una finestra o aprire il gas per farsi fuori. Ricordo che i pubblici ministeri (che già avevano chiesto l'archiviazione della posizione) conclusero la requisitoria chiedendo l'assoluzione o, in subordine, l'incidente di costituzionalità. Questa fu appunto la strada scelta dal Tribunale di Milano che, con sentenza, aveva rimesso gli atti alla Consulta affinché valutasse - la compatibilità con i principi costituzionali della norma incriminatrice in questione, che punisce l'istigazione o l'aiuto al suicidio.

La Corte Costituzionale prese tempo e diede un anno al Parlamento per legiferare. Le Camere, per ignavia di alcuni e per evitare di esporsi su un tema controverso per altri, hanno costretto la Consulta ad esprimersi. Ed i vecchi giudici lo hanno fatto con coraggio, sfidando anche un atteggiamento cocciuto della Chiesa, ferma in Italia in un atteggiamento di difesa della vita astratto e persino ipocrita rispetto alla sofferenza e al dolore. Sulla sentenza cito l'Ansa: "La Consulta apre al suicidio assistito. E' arrivata in serata la decisione dei giudici della Suprema Corte sulla compatibilità con la Costituzione dell'articolo 580 del codice penale che punisce l'aiuto e l'istigazione al suicidio con la reclusione fino a 12 anni. E' lecito l'aiuto al suicidio nei casi come quelli del Dj Fabo. La Corte Costituzionale ha ritenuto non punibile ai sensi dell'articolo 580 del codice penale, a determinate condizioni, "chi agevola l'esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli". In attesa di un "indispensabile intervento del legislatore", la Corte Costituzionale ha "subordinato la non punibilità al rispetto delle modalità previste dalla normativa sul consenso informato, sulle cure palliative e sulla sedazione profonda continua (articoli 1 e 2 della legge 219/2017) e alla verifica sia delle condizioni richieste che delle modalità di esecuzione da parte di una struttura pubblica del Ssn, sentito il parere del comitato etico territorialmente competente". La Corte Costituzionale ha previsto "specifiche condizioni e modalità procedimentali", perché l'aiuto al suicidio rientri nelle ipotesi non punibili, "per evitare rischi di abuso nei confronti di persone specialmente vulnerabili, come già sottolineato nell'ordinanza 207 del 2018". Lo si legge in un comunicato della Consulta". Ora la questione passerà di nuovo al Legislatore, che però conosce a questo punto quale sia la giurisprudenza della Corte e non potrà tornare indietro, pena scelte contrarie alla Costituzione. Personalmente ringrazio DJ Fabo e Marco Cappato per il loro coraggio di avere rotto una cortina di silenzio e avere spinto là civilissima Consulta ad una scelta che come cittadino mi rassicura, perché la mia vita - di fronte al possibile orrore di una "non vita" per colpa della malattia - è mia!