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28 ott 2019

Strade statali: lato oscuro dell'Autonomia

di Luciano Caveri

Mi capita spesso di riflettere su alcuni problemi cardine della nostra Autonomia speciale e, nel tempo, con diversi ruoli, mi sono trovato a lavorare sulla modernizzazione - pur a spizzichi e bocconi - del nostro Statuto. In particolare ciò è avvenuto con leggi costituzionali che si sono susseguite nel 1989, nel 1993 e nel 2001. Con la modifica statutaria del 1993 è nata quella Commissione Paritetica che ha reso stabile il meccanismo, prima precario, con cui si approvano le norme di attuazione dello Statuto, che sono un meccanismo efficace, quando le procedure non si impantanano a Palazzo Chigi, per dare dinamismo al nostro ordinamento regionale. Cambio registro e capirete la connessione. Quando sono nato, spuntando di otto mesi il giorno di Natale, i miei genitori corsero alla "Maternità" di Aosta facendo la strada statale 26, perché nel 1958 non c'era quell'autostrada che arrivò nel suo primo tratto dieci anni dopo. Per chi, come me, abitava fronte circonvallazione del paese, quell'autostrada modificò la viabilità valdostana, riducendo di molto il traffico, oggi nuovamente saturo per l'impossibilità di prendere un'autostrada improponibile per tariffe folli.

Quella "nostra" autostrada, allungata poi decenni dopo sino al Traforo del Monte Bianco pur con altro gestore, portò in sostanza ad una sottovalutazione della necessità di mettere mano alla Statale 26 che resto in mano all'"Anas", piuttosto abbandonata a sé stessa perché facente parte del Compartimento del Piemonte, che ci trattava come semplice "Provincia". Per questo, in ossequio all'Autonomia, si decise - ecco la connessione con la premessa - di tagliare lo storico cordone ombelicale interregionale con il Piemonte con una norma d'attuazione dello Statuto del 1978, che prevedeva la nascita - concretizzatasi anni dopo - di un compartimento regionale dell'Anas. Questo Compartimento, nato molti anni dopo, ha vissuto alti e bassi, con carenze di personale e un cambio continuo ai vertici, tipo "porta girevole". Non parliamo delle difficoltà di avere i soldi per i lavori grandi e piccoli. Ricordo quando nel 1994 l'allora Ministro dei Lavori Pubblici, rispondendo ad una mia interrogazione in vista di una ristrutturazione dell'Anas, disse: «Risulta già da ora che il Compartimento della Valle d'Aosta non potrà essere mantenuto se non come struttura limitata e subordinata ad altre». Tentativo di recente tornato d'attualità addirittura con la sua soppressione, ma intanto il Compartimento valdostano è stato depotenziato. Nel frattempo - siamo all'inizio degli anni Novanta ed ero deputato - la Valle accettò il trasferimento delle strade statali delle vallate laterali (Lys, Ayas, Valtournenche e Cogne), per cui all'Anas locale restano oggi la "statale 26" e la "statale 27" e dunque una rete viaria relativamente piccola. Intanto il Compartimento Anas in Trentino-Alto Adige, con norma di attuazione del 1997, venne soppresso con passaggio delle funzioni statali alle due Province autonome. Ho sempre penato che il modello di una gestione unica sarebbe stata anche per noi - avendo dallo Stato certezza di risorse per manutenzione e nuovi investimenti - quello giusto, ottimizzando la gestione stradale, che pure oggi non brilla come avveniva in passato sulle strade regionali. L'aspetto più delicato, infatti, sta nel fatto che una struttura essenziale, come sono le due strade Statali saturate all'inverosimile per i già citati pedaggi "fuori di testa", è soggetta ad un'Anas che non ha nessun collegamento reale con le Istituzioni dell'Autonomia e vive di dinamiche "romane" proprie tipo forza di occupazione. Ultimo caso sono gli errori nella toponomastica della nuova cartellonistica (apposta da camion con targa romena), spesso quasi comica. Ma ci sono problemi più sostanziali come il blocco infinito del cantiere della circonvallazione fra Etroubles e Saint-Oyen verso la Svizzera, le rotonde che sorgono senza molta logica (tipo Chambave, dove un nuovo "rond-point" ha atteso un tempo incredibile da inizio lavori al loro completamento) e non si capisce quali saranno le opere future e se ci sia una logica di priorità, come potrebbe essere la galleria sotto il forte di Bard. Neppure quanto realizzato, penso alle strutture antimassi sulla "Mongiovetta", si sa se sia da una parte sufficiente per la sicurezza e dall'altra se ci sia stato il necessario approfondimento sulla bontà delle scelte tecniche con i servizi geologici della Regione. Insomma manca una sola testa che ragioni sull'insieme dell'asse viario di fondovalle e, per accennare en passant all'autostrada, non esiste alcuna logica accettabile che la governance delle autostrade sia in capo allo Stato, che non ha mai esercitato - che fosse Anas o Ministero dei Lavori Pubblici - quella "alta vigilanza" che avrebbe dovuto controllare "Sav" e "Rav" ed i lavori previsti da quella convenzione che scadrà - ed è una follia - nel 2032. Sul Traforo del Monte Bianco basti dire che la sede principale resta a Roma! Urge riflettere su questo lato oscuro della nostra Autonomia, di fatto assente laddove esiste un elemento cardine per i cittadini, per i turisti e per chi in transito sulle nostre strade raggiunge Francia e Svizzera.