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05 nov 2019

Halloween e le sue radici

di Luciano Caveri

Per favore, che nessuno si metta a farci la morale se ci si divertirà bonariamente con "Halloween", abbreviazione di "(All) Hallow Even, sera di tutti i Santi", in questa notte fra il 31 ottobre ed il 1° novembre, che nella tradizione anglosassone è una festa con travestimenti e scherzi macabri, ultimo residuo - trasfigurato nella logica cattolica, a differenza di quanto si creda - di precedenti usanze pagane che la ritenevano la notte del risveglio dei morti. Certo la festa è posticcia, perché d'importazione (per altro con un "via vai" fra la tradizione celtica europea e gli Stati Uniti per via degli irlandesi emigrati con ritorno sul Vecchio Continente), ma bisogna diffidare delle apparenze di questa estraneità e non solo perché con il ritrovamento ad Aosta di un cavaliere celtico fatto e finito si conferma la radice celtica di una parte di storia valdostana. Ma anche perché questo «dolcetto o scherzetto?» asseconda una joie de vivre dei bambini a caccia di regalini e vi è anche fra i grandi l'irresistibile desiderio umano del travestimento, che spezza le regole come evidente in modo macroscopico con il Carnevale.

Questa festa scherzosa fa parte di un filone di rappresentazione e di esorcizzazione di tante paure, messe in maschera, che culminano naturalmente con la presa in giro della Morte e con l'interessante presenza - come ribadisco - dei bambini in giro a cercare doni come sublimazione della vita. Un esercizio salutare, che a ben vedere non è irrispettosa nel raffronto con quel periodo che i cattolici dedicano al ricordo di chi non c'è più e chi parla di festa satanica straparla senza logica. Ha scritto saggiamente - e lo traggo da "Famiglia Cristiana" - don Andrea Lonardo, direttore dell'Ufficio catechistico della diocesi di Roma: «I cristiani - grandi maestri della gioia e del festeggiare - inventarono la festa dei santi (e la commemorazione dei morti) per celebrare il fatto che la morte era vinta e che il duro male era ormai sconfitto. Di questo dobbiamo parlare ai bambini, spiegando il nome Halloween». Prosegue don Lonardo, «i celti cattolici (gli antichi irlandesi) iniziarono a celebrare l'illuminazione della notte, le zucche che mettevano in fuga il male, il cielo che visitava la terra, i dolcetti che i morti portavano ai loro discendenti come segno del loro amore sempre presente e della loro intercessioni per i loro cari presso Dio, la sconfitta del male». Per altro gli antropologi sono in grado stati in grado con grande minuzia di dimostrare come le religioni che si sono succedute nel tempo abbiano sempre avuto la capacità avvolgente di riprendere quanto c'era prima e risultasse utile. Lo dimostrano, solo per fare due esempi, il Natale e la figura della Madonna. Lo dico perché anch'io ho conoscenti che ce l'hanno con l'americanata, dimenticando come questa storia faccia parte anche del patrimonio alpino. Chiunque abbia voglia - ad esempio con i libri esemplari di Tersilla Gatto - di avventurarsi nel leggendario valdostano vedrà come sia pieno di mostri di vario genere, di racconti orridi, di morte e vita che si confrontano, di superstizioni assai profonde che agitavano la comunità. Ma il peggio lo ha dato la realtà, come racconta con documenti alla mano, Ezio Emerico Gerbore con la storia incredibile della stregoneria medioevale e della lunga coda dei processi dell'Inquisizione con donne costrette a confessare sotto tortura di essere streghe, raccontando ai torturatori le loro prodezze magiche. Esiste a questo proposito un "filone magico" che si occupa non solo dei "secret buoni", che servono ai guaritori della medicina popolare di intervenire a beneficio dei propri pazienti, ma ci sono anche "secret malvagi" che gettano maledizioni sui malcapitati. Ricordo ancora in tema di horror come le celebrazioni di San Nicola ad inizio dicembre in area germanica (walser compresi) mostrano in numerose località dell'Alto Adige-SüdTirol come il Santo sia stato in grado di volgere al bene i "Krampus", che si rifanno anch'essi a questa personificazione del Male. Sono creature brutte e spaventose, che indossano un mantello di pelliccia sul quale sono appese delle pesanti campane. Il loro viso è nascosto da una maschera di legno da cui spuntano le corna. Possiedono inoltre lunghe fruste di salice o catene sferraglianti. I "Krampus" simboleggiano i diavoli dell'Inferno, spaventosi ma "domati" dal Santo. Insomma la messa in scena, anche in questo caso con i bambini spettatori e compartecipi, della lunga lotta fra Bene e Male, che resta uno dei capisaldi della vita di ciascuno di noi e delle comunità cui apparteniamo. Purtroppo quotidianamente.