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19 apr 2021

Per chiarezza sulla mia vaccinazione

di Luciano Caveri

In questa fase storica, in cui un click vale più di una notizia ed è convertito in voti da una miriade di algoritmi della politica, i vaccini vanno di pari passo al "covid" nella classifica degli argomenti da affrontare per attirare "like" o per ricercare consensi. Appartengo ad una scuola che preferisce ottenere l'approvazione dell'elettorato per quanto viene fatto, piuttosto che attraverso le prodezze da tastiera. Perciò, sinora, ho preferito evitare certi argomenti, anche per non invadere il campo dei colleghi che spendono le loro giornate su questi dossier e sono più titolati di me per parlarne. Ricopro un ruolo pubblico e - da giornalista oltre che da assessore - ritengo che questo implichi anche una responsabilità rispetto alle modalità di comunicazione ed al valore che i miei scritti assumono. Proprio per questo, a fronte dello scatenarsi del fango subdolo delle chat e delle conversazioni da bar che tanto stanno appassionando parimenti certi miei colleghi e qualche giornalista, ritengo sia utile chiarire in questa sede alcune posizioni per sgombrare il campo da qualsivoglia diffamazione (che ricordo ai maghi di "Whatsapp" e di "Facebook" resta un reato perseguibile) e strumentalizzazione di chi ormai ha come unico mezzo per far parlare di sé la polemica sterile attraverso i "social" e con gli esposti.

La prima verità è che sono un sostenitore convinto della scienza, della medicina e dunque dei vaccini. Questo era vero prima del "covid" (anagrafe vaccinale alla mano, faccio l'anti-influenzale dal 2005, anche se cominciai molto prima) e lo è ancora più, se possibile, oggi. Ritengo che la sola via d'uscita da questa situazione sia il raggiungimento dell'immunità di gregge, che potrà essere perseguita, al pari di quanto avvenuto in Israele o in Gran Bretagna, attraverso la vaccinazione di massa. Sono fortemente scettico circa le continue perplessità, i dubbi, le accuse, che vengono periodicamente lanciate ai vaccini approvati dall'"Ema", di cui il caso "Johnson & Johnson" è solo l'ultimo in ordine di tempo. Concordo con la posizione del Governo Draghi a sostegno dell'obbligatorietà della vaccinazione per il personale sanitario e penso che andrebbe estesa a tutto l'impiego pubblico nella convinzione, alla base della nostra Costituzione, che se si lavora a servizio della Repubblica, si accettano le regole che ne determinano il buon funzionamento, a tutti i livelli. La seconda rivelazione (o almeno pare che venga considerata tale da alcuni miei colleghi in cerca di luce riflessa) è che sono stato vaccinato per il "covid-19" e l'ho detto coram populo pure durante le chiacchiere a margine del Consiglio regionale, senza reticenze quando ebbi la prima dose. Come piace far notare con valenza negativa ai miei detrattori ogni qualvolta se ne parli, con i miei quasi 63 anni sono il decano del Governo regionale. Vecchio per la politica quando si tratta di millantare l'avanzare del nuovo o la rottamazione, in queste ore pare che io miracolosamente sia diventato «troppo giovane» per essere stato inserito nelle liste di coloro cui è stato somministrato il vaccino con la seconda dose di ieri. Non ho alcun problema a dire che espressi sin da subito, mesi fa, ai miei colleghi di Governo la necessità - viste le nostre responsabilità - di provvedere ad una vaccinazione rapida della Giunta. Non ho perorato prerogative di casta e neanche di privilegi. Semplicemente ho esplicitato ciò che qualunque persona di buon senso e senza pregiudizi potrebbe sottoscrivere: chi deve gestire la pandemia, a tutti i livelli, non può farsene travolgere, perché il rischio è la paralisi definitiva di un sistema che fatica già ogni giorno ad andare avanti. Com'è noto, per altro, cinque membri su otto della Giunta regionale hanno fatto o stanno facendo il "covid" e ne risente il loro lavoro personale. Non tutto si può fare in video o al telefono e questo rende la collegialità del lavoro dell'Esecutivo molto più macchinosa, come avviene per tutto il resto del confronto politico. La Giunta, a seguito delle mie insistenze, si era espressa nella discussione avvenuta fra di noi comprendendo questa richiesta sulla vaccinazione degli ultra-sessantenni fra i propri componenti, parimenti a quanto osservato dall'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale, come mi fu detto e di cui ho traccia nelle informazioni ricevute allora. L'iscrizione alla piattaforma e la chiamata successiva (telefonica e con messaggino con convocazione nel centro vaccinale di Châtillon) non avvennero di nascosto o in modo poco trasparente rispetto alle inoculazioni già avviate dall'anagrafe regionale "Infovaccini", che aveva come documentato sin nelle settimane precedenti effettuato chiamate per moltissimi ultra-sessantenni, in una logica distributiva conforme al Piano che si occupa dei vaccini. Certo, un lavoro reso difficoltoso dai continui cambiamenti circa i destinatari di questo o quel vaccino, dalle rinunce, dalla necessità degli operatori di affrontare con ogni singolo paziente discussioni infinite sull'opportunità o meno di procedere con questo o con quel vaccino, come se chiunque fosse diventato improvvisamente dottore, virologo o scienziato. Metto fine con questo post al "tam tam" di messaggi occulti e presunte spiate ai giornalisti su chissà quale terribile azione si sarebbe compiuta per saltare la coda con l'appropriazione di una dose destinata a chi ne avrebbe avuto più bisogno. Non ci sono state pressioni, infrazioni, furberie di alcun tipo: ho fatto il vaccino esattamente come molti miei coetanei, colleghi, categorie individuate dal Piano vaccinale come "prioritarie", indipendentemente dall'età e che hanno avuto un appuntamento per un vaccino deciso a monte in un combinato disposto di diversi parametri, comprese - e questo è in assoluto oggetto di privacy - proprie eventuali fragilità.   Chiudo il sipario su questa storia, che ha colpito per l'ennesima volta anche la mia famiglia. Mi riferisco ad una dietrologia che è talmente consapevole della sua pochezza da viaggiare solo per sottintesi per evitare denunce. Mia moglie, 43 anni, ha fatto la prima dose del vaccino "Astrazeneca" il 14 marzo scorso. Come 1.500 altri valdostani ha risposto alla chiamata che l'Azienda Usl ha fatto per mezzo delle principali testate locali per avere volontari "last minute" che subentrassero all'ultimo minuto alle rinunce al fine di evitare lo spreco delle dosi. E' stata chiamata alle ore 18.30 per una defezione con appuntamento dato - prendere o lasciare - alle 19.30 e si è catapultata al centro vaccinale di Donnas dove, lo stesso giorno, numerosi volontari hanno evitato di buttare dosi di un vaccino vittima di una propaganda diffamatoria che l'Ema ha cercato di placare prendendo le distanze la settima successiva. Non l'ha nascosto, anzi, attraverso i suoi canali, ha invitato i valdostani a candidarsi alle sostituzioni per non sprecare neanche una dose di vaccino. I miei figli non hanno fatto alcun vaccino e credo che nulla si possa dire sull'inoculazione effettuata a mia mamma, che ha 91 anni. Questi sono i fatti, poi il resto si vedrà. Spero solo che le speculazioni cessino e che ci si concentri sul messaggio necessario, quello di vaccinarsi. Le polemiche sterili fanno perdere credibilità alla scienza ed alle Istituzioni, in una fase storica in cui avrebbero bisogno entrambe solo di essere sostenute. I cittadini valdostani hanno bisogno di eletti che si adoperino per uscire da questa situazione in fretta e nel migliore dei modi.