Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
10 mag 2021

Sei punti per l'avvenire

di Luciano Caveri

L'orizzonte europeo oggi scodella tre date: la più vicina è al 2026 con la realizzazione/chiusura del "Recovery Plan" o "Next Generation", il più imponente piano di rilancio mai visto in Europa; al 2027 si incrocia il nuovo periodo di programmazione della stessa Unione Europea, che muove ora i primi passi; c'è poi, fatta propria dall'Europa, quel 2030 che segue le piste per il futuro indicate dalle Nazioni Unite. Poiché credo che la Politica non sia solo la "caccia al voto" e le elezioni non debbano mai essere la preoccupazione principale, sono convinto che scelte a media e lunga gittata siano essenziali. Non si tratta - sia chiaro - pensare a "piani" farlocchi alla Unione Sovietica, ma devo dire che le procedure comunitarie sono molto razionali ed è un metodo che secondo me ha arricchito il bagaglio di politici e tecnocrati per non lasciare nulla al caso.

Aggiungo per onestà che proprio la pandemia ha dimostrato la necessità di essere flessibili di fronte ad emergenze che possono scompaginare ogni migliore previsione e pianificazione. Le urgenze e gli imprevisti devono far parte della capacità di reazione del mondo della politica. Lo stesso vale per lo sforzo che bisogna fare nella corsa continua all'innovazione che porta a scenari mutevoli con una rapidità mia vista prima. Anche in questo caso la capacità di adattamento - oggi si dice "Resilienza" un nei documenti europei - è indispensabile. La "Treccani" come sempre illumina sulla mobilità delle parole, così riassumendo: "Nella tecnologia dei materiali, la resistenza a rottura per sollecitazione dinamica, determinata con apposita prova d'urto: prova di resilienza; valore di resilienza, il cui inverso è l'indice di fragilità. Nella tecnologia dei filati e dei tessuti, l'attitudine di questi a riprendere, dopo una deformazione, l'aspetto originale. In psicologia, la capacità di reagire di fronte a traumi, difficoltà, eccetera". "Resilienza" viene dal latino "resilīre" e significava in origine "rimbalzare, contrarsi" ed ha dimostrato, in questo senso, davvero una sua duttilità di utilizzo, che talvolta finisce per suonare più suggestiva di vecchie parole che mi piacciono molto come "tenacia", "determinazione", "resistenza", "perseveranza". Più ambientalistica, ma è nel solco europeo, la definizione di Resilienza del mio amico Luca Mercalli: «E' la proprietà di un sistema di non collassare quando viene sottoposto a uno stress. La nostra società è fragilissima: se qualcuno vi chiude gas, acqua e luce, tornate al medioevo in pochi giorni. Essere resilienti vuol dire prepararsi a mantenere livelli minimi di comfort e autosufficienza senza dipendere solamente dalla carta di credito o dal volere delle multinazionali. Senza per questo diventare eremiti, anzi, la resilienza è prima di tutto cooperazione con i vostri vicini di casa». Quando scrissi queste frasi non poteva immaginare il virus come variante che oggi ci mette in ginocchio e ci obbliga a ripensamenti. E ci obbliga a fare sistema per evitare il tracollo, anche se ci sono stati dolori, sofferenze e drammi umani, economici e sociali. Ora abbiamo una ferita profonda da rimarginare nella concretezza e nelle nostre teste. Ma basta scrivere i sei punti del "Recovery" per capire il mondo che verrà con punti che condivido in toto:

digitalizzazione e innovazione; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per la mobilità; istruzione e formazione; equità, inclusione sociale e territoriale; salute.

Poche parole che riassumono impegno e speranze. Non sarà facile e bisognerà rimboccarsi le maniche.