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28 mag 2021

La funivia caduta ed i ricordi

di Luciano Caveri

La tragedia del Mottarone mi scuote in profondità. Ho lavorato nel settore degli impianti a fune, essendo stato per anni vice presidente nazionale della "Associazione Nazionale Esercenti Funiviari" e dunque conosco bene la serietà del settore, che ha norme molte severe sulla sicurezza e con molti controlli periodici. E' proprio per questo che bisogna sapere in fretta che cosa non abbia funzionato in questo caso per evitare psicosi. Con franchezza si aggiunge infatti la circostanza che si viene da una stagione invernale che ha posto il settore in crisi profonda con la chiusura dello sci ed ora piomba il comprensibile clamore e le preoccupazioni legittime che sta suscitando questa vicenda dolorosa e luttuosa. L'evento è avvenuto su di un impianto storico che era stato modernizzato con un'inaugurazione avvenuta nell'agosto del 2016. Immagino ora il terribile dolore delle famiglie colpite in una domenica di svago e di gioia per la ritrovata libertà di con una gita con una funivia che sale dal lago Maggiore alla cima della montagna.

Con la memoria mi rivedo - in un flashback - in quella domenica, il 13 febbraio del 1983, quando ero un giovane giornalista "Rai" e dovetti seguire la vicenda terribile dell'ovovia del Crest a Champoluc di Ayas. Il caso mi aveva messo alla prova: quell'impianto, una bifune ad agganciamento automatico, costruito nel 1959, era per me del tutto familiare, perché era lì che ero andato fin da piccolissimo per imparare a sciare e proprio al Crest mio papà aveva costruito una casa. Per me Champoluc era familiarissima e quella mattina maledetta ero in redazione nella vecchia sede "Rai" di via Chambéry, quando mi chiamò per dirmi dell'incidente l'allora amministratore, Ferruccio Fournier. Partii come un razzo con l'operatore Roberto Moranduzzo e lo specializzato Stefano Ialongo per raggiungere Ayas e mi trovai di fronte ad una vicenda dolorosa, che dovetti ricostruire con freddezza e terzietà con servizi radio e televisivi distribuiti alle diverse testate nazionali. Non era facile in un luogo amico in un impasto fra dolore e incredulità (poche ore prima ero salito su un "ovetto" di quelli) in una giornata limpida all'alba e poi, con un improvviso peggioramento meteo, coperta con la neve a rendere irreale l'agghiacciante scenario del sinistro. Cos'era successo? In quella domenica, con la stazione piena di sciatori, una cabina, non molto dopo la partenza in una zona di sorvolo molto alta, perse l'ammorsamento, scivolando su quella seguente ed entrambe caddero su di una terza cabina. Le tre cabine urtarono poi un pilone, restando appese per un soffio. Una quarta cabina, appena uscita dalla stazione e non ancora giunta al primo pilone, per gli urti subiti, tornò indietro con violenza e scarrucolò. L'addetto pensò che quest'ultimo fosse stato l'incidente vero e proprio e, messo a posto quell'ovetto, riavviò l'impianto e le cabinette in precario equilibrio si schiantarono al suolo con le terribili conseguenze. Nel volo da un'altezza di venti metri morirono in dieci, l'undicesima vittima, una ragazza di vent'anni morì qualche giorno dopo all'ospedale di Novara. Unico superstite un bimbo di nove anni. Ci furono arresti, perizie, processi, valutazioni assicurative e quel fatto cambiò molti aspetti della sicurezza negli impianti a fune. Anche se nel caso specifico, le morse incriminate, risultarono infine essersi aperte per un problema dovuto ad un eccesso di ingrassaggio, fatto in buona fede. L'apertura del "Tg3" delle ore 19 avvenne con il mio reportage e così il "Tg2" all'epoca in onda alle 19.45, mentre alle ore 20 al "Tg1" la prima notizia fu il rogo del cinema "Statuto" a Torino, dove una sessantina di persone morirono a causa della chiusura con catene delle uscite di sicurezza. Quel giorno ci fu una persona amica che lasciò Champoluc, dopo il primo dramma che lo aveva sfiorato, avendo lasciato il posto ad una persona che sali al suo posto su di uno degli ovetti poi incidentati, e decise di andare al cinema a Torino, ma purtroppo scelse il cinema "Statuto", dove morì nel rogo. Il destino, incomprensibile e beffardo, incombeva come una "roulette russa". Come avvenuto ieri sul Mottarone alle vittime colpite con brutalità.