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21 ott 2021

Tertium non datur

di Luciano Caveri

Spiace dover semplificare, ma talvolta bisogna andare al nocciolo di un problema. Per parecchie settimane, ma la storia ha degli antefatti, due esponenti della maggioranza regionale che governa la Valle d'Aosta sono state di lotta e di governo. Chiara Minelli, lasciato da tempo il ruolo di assessore/a, assieme alla collega Erika Guichardaz hanno innescato - in dissenso su alcuni temi con gli altri eletti nella loro lista e con gli alleati autonomisti - un lungo braccio di ferro rivendicativo, stando «fra color che sono sospese», come diceva Dante per chi vive nel limbo. Infine, isolate nelle loro scelte, hanno annunciato il loro «no» al Governo Lavevaz in Consiglio Valle, ma creando un blackout perché risultanti di fatto in un limbo... politico, né in quota maggioranza né in quota opposizione. Quanto nel diritto parlamentare, che regge le Assemblee elettive, non esiste. Un conto è in un gruppo consiliare dissentire su singoli argomenti, un altro è invece che in un medesimo gruppo ci sia chi appoggia e chi no un Governo in carica. Non si può avere «la moglie ubriaca e la botte piena» o, come si dice in francese, non è possibile «vouloir le beurre et l'argent du beurre». In latino si può essere ancora più precisi con «Tertium non datur» («Una terza cosa non è data»), che sta a significare che una terza soluzione (una terza via, o una terza possibilità) non esiste rispetto ad una situazione che ne prefigura soltanto due. Per cui - per ragioni di rappresentanza nelle Commissioni ma non solo - si è creata una situazione che ha obbligato a rinviare i lavori e questo spiace e non fa bene in un periodo in cui la democrazia rappresentativa non brilla per popolarità.