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08 lug 2022

Alpi in lutto

di Luciano Caveri

La tragedia della Marmolada, ci mette di fronte - in modo drammatico con morti e feriti a causa del distacco di un seracco con valanga conseguente - al fenomeno ormai noto dello scioglimento dei ghiacciai, uno degli aspetti macroscopici causati dal riscaldamento globale. L'eccezionalità di questa estate torrida si somma ad un inverno senza neve che alimentasse le masse di ghiaccio. Fenomeno di punta di un percorso ormai reso manifesto dagli scienziati, con buona pace dei negazionisti che ci sono anche su questo. Se anche i governanti del mondo invertissero con rapidità la tendenza in atto, l'abbrivio esistente porterebbe comunque ad una vasta e progressiva spoliazione dei ghiacciai con montagne ridotte all'osso.

La Marmolada la vorrei situare con un pezzo tratto da un sito trentino: "La Marmolada, massima elevazione delle Dolomiti con i 3.343 m sul livello del mare di Punta Penia, sorge tra la trentina Val di Fassa e la bellunese Val Cordevole, collegate dalle strade di Passo Pordoi - tra Canazei ed Arabba - e Passo Fedaia - tra Alba di Canazei e l'Agordino. Formata da calcari grigi, anziché da dolomia come la gran parte delle Dolomiti, la Marmolada è un imponente terrazzo al centro della regione dei Monti Pallidi, dal panorama pressoché sconfinato ed impreziosito dal più grande ghiacciaio delle Dolomiti". Quest'anno l'ho vista svettare questa bellissima montagna da San Pellegrino in Provincia di Trento, quando ho visitato quegli impianti di risalita. E' indubbio l'aspetto simbolico di quella montagna, di cui i popoli dolomitici sono fierissimi. Se i nostri ghiacciai nelle Alpi Occidentali soffrono, quelli delle Alpi Centrali e Orientali boccheggiano ancora prima e quelli appenninici sono estinti. Questo cambiamento delle Alpi, a seconda ovviamente dell'altimetria, sta toccando tutti senza eccezioni e colpisce le popolazioni residenti ed influenza la frequentazione turistica delle alte quote. Cambiamenti sociali, economici, paesistici in un incrocio che va dipanato con politiche pubbliche che tengano conto delle modificazioni e della sicurezza per chi ci abita e per i turisti che arrivano. Ho sempre detto che spetta a "Eusalp", la macroregione alpina, chiedere - attraverso la rete delle Regioni che meglio conoscono i fenomeni in corso e le loro conseguenze - dialogare con gli Stati e soprattutto con l'Unione europea. Cruciale adoperare parte delle risorse comunitarie già previste da qui al 2027 e pilotare in modo specifico i fondi sulla resilienza, in Italia "Pnrr". Bisogna farlo in modo coordinato sia con risorse cospicue ma anche con ragionamenti legislativi ed amministrativi per una mitigazione dei fenomeni e azioni intelligenti che consentano di convivere con i cambiamenti, che paiono persino accelerarsi e pongono tutti di fronte a scelte utili e non ideologiche. Le Alpi sono montagne abitate e anzi bisogna garantire un ripopolamento e contrastare il calo demografico e l'economia passa attraverso un uso consapevole delle risorse del territorio per evitare la desertificazione delle Valle e logiche di un pauperismo utopistico o di divieti di frequentazione di zone a rischio. Ci vorrebbe - già lo avevo scritto, giorni fa - una grande conferenza politica di "Eusalp". Dal dolore di queste ore bisogna uscire senza lasciare al spazio ai catastrofisti e a chi sarebbe ben lieto di far sparire i montanari con la scusa di una inabitabilità delle Terre Alte, dimenticando che sin primo popolamento ad oggi delle Alpi sono state le popolazioni residenti a modellare civiltà in ambienti che hanno sempre avuto aspetti ostili e pericolosi. Intanto, è il momento del lutto e della partecipazione verso chi ha perso i propri cari.