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03 ago 2022

Attorno al "dovere"

di Luciano Caveri

"Dovere" è un parola semplice e difficile e può essere persino un verbo, che non considero desueto. Dice la solita "Treccani", prima di infilarsi in un excursus filosofico dagli Stoici in poi: "Obbligo morale di fare determinate cose o concretamente ciò che l'uomo è obbligato a fare, dalla religione, dalla morale, dalle leggi, dalla ragione, dallo stato sociale eccetera". "Eccetera" mi piace moltissimo, perché è mobile come l'orizzonte che si sposta senza mai raggiungerlo, in barba ai terrapiattisti. Ma non divaghiamo. Poiché viviamo nell'epoca dei diritti - ed è un bene, per carità! - sarebbe bene sempre ricordare l'altra faccia della medaglia e cioè per ciascuno di noi l'incombere anche dei doveri. Potrei - in un'arringa - citare per chiudere qui il famoso "abuso di diritto" così riassumibile, anche se forse bisogna leggere più volte la definizione: "Si può parlare di abuso del diritto quando si utilizza un determinato diritto, che l'ordinamento legittimamente riconosce in capo ad un soggetto, per finalità che non sono ricomprese in quel diritto stesso. Si tratta in sostanza di comportamenti di vario tipo e natura che hanno la funzione di alterare a proprio favore un diritto spettante al soggetto, andando aldilà dei limiti del diritto stesso". Ne ho conosciuti che ne hanno approfittato e che sono allergici, invece, ai doveri. Li conosciamo tutti: sfuggono come bisce alle piccole a grandi cose della convivenza civile, che rende certi comportamenti un obbligo anche in una democrazia. Ecco perché ci sono espressioni che andrebbero valorizzare come il vecchio "senso del dovere", che in giuste dosi serve nella vita. Un avvocato del diavolo potrebbe - a giusto titolo - segnalare appunto come lo stesso "dovere" va dosato con saggezza. Altrimenti - noi esseri umani - potremmo cadere nel "doverismo", che è una vera e propria patologia che può imprigionare. Certo Massimo d'Azeglio prendeva la questione sul serio e non in punta di... Diritto: «A fare il proprio dovere, il più delle volte fastidioso, volgare, ignorato, ci vuol forza di volontà e persuasione che il dovere si deve adempiere non perché diverte o frutta, ma perché è dovere; e questa forza di volontà, questa persuasione, è quella preziosa dote che con un solo vocabolo si chiama carattere». Più leggero, ma indica bene il perimetro senza elevarsi a livelli di discussione da capogiro la celebre coppia di scrittori Fruttero e Lucentini: «Tranne forse gli animali delle favole di La Fontaine, nessuno è mai stato bravo come gl'italiani nell'arte d'inventare nobili pretesti per eludere i propri doveri e fare i propri comodi». Sorridere fa capire le cose molto più di un eccesso di... sermoni. Allora vien voglia di chiudere, passando dal sostantivo al verbo. E rispunta "Treccani" e si apre un mondo: "Dovere significa avere l'obbligo di fare qualcosa (dobbiamo essere onesti; il cittadino deve pagare le tasse; se hai promesso, devi mantenere). In molti casi, il verbo dà alla frase un tono di comando, oppure di volontà, o desiderio (così dev'essere; devo in tutti i modi riuscire a parlargli); in altre situazioni invece il significato è attenuato, e il verbo esprime un consiglio o una preghiera (dovete ascoltarmi; devi essere sincero con me); spesso è usato al modo condizionale, e significa essere necessario o essere opportuno (dovresti cambiare l'olio al motore; dovresti farlo): si ricorre al condizionale per esprimere questa necessità o opportunità in una forma cortese e attenuata". E ancora: "Il verbo dovere può anche esprimere la necessità di fare qualcosa (devo mangiare; devi fare più moto), un bisogno (devo parlarti) o una costrizione dovuta a una qualche circostanza (è dovuto partire all'improvviso)". I dizionari hanno il dono della sintesi, senza troppi ghirigori.