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24 mar 2024

La follia del dittatore

di Luciano Caveri

Non basta informarsi, neppure nel modo più approfondito possibile, per capire che cosa si agiti nell’animo di Vladimir Putin. La psicologia dei dittatori, pur da molti indagata, resta in parte insondabile e prevedere i loro comportamenti diventa un azzardo.

Ci pensavo in queste ore con l’attentato di Mosca, che ripropone i rischi di un conflitto nucleare, che aleggia di nuovo sulle nostre vite, specie per il tentativo grottesco di scaricare colpe sull’Ucraina per la terribile strage jihadista a Mosca..

Ha scritto sui dittatori Giovanni Soriano in L’inconveniente umano: “Tutti quei sistemi di governo che, ancora oggi, non prevedono al loro interno delle norme giuridiche che limitino in modo rigoroso l’accentramento dei poteri nelle mani di un solo individuo, non denotano soltanto una concezione della politica ormai obsoleta – oltre che assai miope –, ma anche una completa ignoranza delle più elementari nozioni di psicologia umana. Ciò perché affidare a un capo la guida di un intero Paese significa, innanzitutto, sopravvalutare enormemente le competenze, le capacità intellettive e le qualità morali di un essere umano – il che è già abbastanza ingenuo –; in secondo luogo, significa non tenere conto dell’eventuale impatto che la detenzione di grandi poteri, specie se prolungata nel tempo, può avere sulla personalità di un individuo (come per esempio la possibilità di slatentizzare conflitti psichici non risolti o acuire tratti problematici della personalità, come quelli narcisistici, megalomani, sadici o paranoici). Inutile dire quali rischi possano conseguire da tutto ciò per uno Stato e per il mondo intero: di dittatori che a causa della loro instabilità mentale si sono trasformati in vere e proprie calamità per il genere umano, ne abbiamo avuti fin troppi nel corso della storia”.

Interessante l’uso del verbo raro “slatentizzare”, che significa rivelare, palesare ciò che è latente e cioè per certi dittatori il seme della follia.

La Guerra fredda con le sue minacce io me la ricordo e quel periodo ha attraversato tutta la mia infanzia e giovinezza ed era come un fantasma in un angolo del cervello, che ricordava il rischio di un conflitto distruttivo per l’umanità. Barbara Stefanelli su Sette evoca il successo agli Oscar del film che ricostruisce la storia della nascita della bomba atomica, che purtroppo diventa di fatto un segno del presente e non solo del passato: “Oppenheimer, la pellicola di Christopher Nolan vincitrice di 7 statuette su 13 nomination (…) Il regista inglese ci porta nel Monopoli delle armi nucleari, vicolo Stretto, dentro i laboratori di Los Alamos durante il secondo conflitto mondiale: ci mette davanti all’origine di tutto e ci avverte di quanto sia (ancora) sottile il velo che ci separa dall’escalation. Tra le righe della biografia di J. Robert Oppenheimer, 1904-1967, Nolan sembra domandare a noi spettatori quale sia il finale che stiamo immaginando”.

È più avanti insiste: “Semplicemente, avevamo smesso di avere paura. La Bomba ci pareva un fantasma da Muro di Berlino, che le potenze nemiche erano comunque riuscite a imbrigliare in nome di una salvaguardia reciproca. Poi qualcosa si è rotto. Quei sistemi simmetrici di deterrenza sono improvvisamente sembrati inaffidabili, inadatti al disordine mondiale. È probabilmente per questo senso di spaesamento (e di allarme) che il New York Times ha deciso di inaugurare una serie di editoriali intitolata At the Brink, sul baratro, dedicata alla «minaccia delle armi nucleari in un mondo instabile». Nell’introduzione, Kathleen Kingsbury ammette che gli Stati con l’atomica sono diventati “più numerosi e più incauti”. E denuncia la follia di aver «condannato un’altra generazione a vivere su un pianeta a rischio di catastrofe anche solo per un errore umano o un atto di arroganza». Il primo pensiero va all’Ucraina, alle minacce di Vladimir Putin: «Siamo tecnicamente pronti a usare le armi di cui disponiamo», ha detto dieci giorni fa, chiamando nel frattempo il popolo russo a dar prova di patriottismo alle urne. Il secondo e terzo pensiero puntano invece a Oriente: all’Iran ormai nell’orbita di Mosca-Pyongyang-Pechino e alla stessa Cina che accumula testate a migliaia”.

Mai avrei pensato a questa temibile escalation e al mondo che erediteranno i miei figli, che spazza via molte illusioni che ci eravamo fatti al nascere di questo nuovo Millennio. Albert Einstein, nel denunciare i rischi di un conflitto nucleare, disse, fra le altre, due cose. La prima: “L’uomo ha inventato la bomba atomica, ma nessun topo al mondo costruirebbe una trappola per topi”. E poi:”Non so con quali armi sarà combattuta la Terza Guerra Mondiale ma la Quarta Guerra Mondiale sarà combattuta con pietre e bastoni”.