Ho incontrato oggi una giovane per una tesi, come spesso mi accade. E' bello incontrare gli studenti universitari e i giovani in generale, confrontarsi con loro, capire come vedono le cose, come si preparano ad affrontare il futuro. Spetta a noi renderli coscienti e partecipi, trasmettere quel poco che sappiamo perché non si disperda, lasciare loro il testimone per la "loro" corsa, che sarà fatta con i valori che esprimeranno in un mondo che cambia rapidamente e rispetto al quale dovranno muoversi per non restare indietro. Capita, come oggi, di vedere la luce dell'intelligenza, che è fatta dal coraggio di lasciare il "nido", affrontando anche studi altrove, stage in posti diversi, "bagni freddi" di fronte a realtà sconosciute, mentalità differenti e conoscere persone da cui trarre insegnamenti e rubare idee. Solo così si cresce. Immiserisce, invece, guardare solo il proprio ombelico, pensare che tutto si esaurisca qui, bearsi di essere e del benessere, girare in tondo o giocare a un gioco dell'oca solo nostro. Chi esce e poi rientra, evitando la "fuga di cervelli", porta nuovi mattoni alla casa dell'autonomia in costruzione, scongiurando il pericolo - assieme a chi qui opera e lavora per tenere viva un'idea - che diventi una polverosa catapecchia. Ogni generazione deve lasciare il suo segno, ma la continuità è un filo sottile. Quel "fil rouge" della storia valdostana, che attraversa il tempo e le epoche e richiede che ci sia la ricchezza di una comunità "plurielle", bastione contro il provincialismo che raggrinzisce.