La Valle d'Aosta ha sempre dovuto in qualche modo fare i conti con la "Fiat". C'è chi ha ricordato che la grande fabbrica automobilistica torinese pesò di certo, nel secondo dopoguerra e per l'evidente interesse per una Regione forte produttrice di energia idroelettrica, nelle vicende complesse sul destino politico della Valle. Poi, a parte le proprietà nella zona di Champdepraz di recente comprate dalla Regione, ci potrebbero essere altre storie da raccontare: dalla presenza "Fiat" in Valle d'Aosta per l'affermarsi della diffusione di massa dell'auto all'indotto automobilistico per le aziende fornitrici del gruppo, dalle vicende della "Meridian" di Verrès oggi tutta "Fiat", ai molti valdostani (penso al ruolo rilevantissimo di Lodovico Passerin d'Entrèves) che, ai diversi livelli, hanno lavorato nell'azienda e infine la pagina locale de "La Stampa", il quotidiano di famiglia, unico giornale ad occuparsi della nostra Regione con pagine dedicate. Oggi la "Fiat" si sta muovendo con rapidità per non morire con operazioni di vario genere, che sono oggettivamente di difficile lettura. Quel che oggi colpisce di più è il nuovo "braccio di ferro" sullo stabilimento storico di "Mirafiori" a Torino, che sembra dover capitolare specie a favore di una fabbrica situata in Serbia e in parte finanziata con i soldi europei attraverso quei denari che l'Unione investe nei Paesi viciniori in lista d'attesa per l'allargamento. Inutile dire che su questo, se l'Italia volesse, potrebbe farsi sentire dalle autorità comunitarie. Ma credo che questa vicenda sia davvero secondaria rispetto al fondo del problema. "Fiat", di fatto, intende uscire dal contratto nazionale dei metalmeccanici e questo deve allarmare chiunque abbia un minimo di buonsenso.