La morte dei quattro bambini "rom" nella periferia di Roma riaccende le solite polemiche altalenanti. Se nei pressi di una delle tante baraccopoli si registrano dei delitti contro i residenti esplode la rabbia e si smantellano i campi abusivi, se capitano tragedie come queste prevale la "pietas" e si invocano campi attrezzati regolari, per altro previsti per legge. D'altra parte il rapporto con gli "zingari" non è facile. Chiunque di noi, fin da piccolo, ha avuto qualcuno in famiglia che ti ha posto il "chi va là", che ha stratificato pregiudizi e ancora oggi, proprio a Roma dove gli "zingarelli" sfruttati per fare accattonaggio sono più numerosi, ti viene un senso di rabbia ed impotenza a vedere questi bimbi costretti ad una sorta di schiavitù. Come Presidente della Regione, ho vissuto la costruzione improvvisa, seppur temporanea, in Valle di campi nomadi di "rom" in transito al rientro dai loro raduni e vi assicuro che ragionare con i "capi" non è semplice. C'è poi, per contro, la razionalità, specie per chi ha studiato, come mi capita ancora oggi, l'evoluzione dei diritti delle minoranze linguistiche e nazionali e i "rom" lo sono senza dubbio, portatori di una cultura particolare e millenaria, che li ha portati anche - come massimo della persecuzione - nei campi di sterminio nazisti. Così, di conseguenza, ogni giudizio è sempre arduo e mi trovo con sentimenti fortemente contrastanti. Nel caso specifico mi aspetto che cosa deciderà la Magistratura, perché se è vero che nessuno oggi deve vivere in baracche pericolose e in condizioni degradate (su questo si può usare davvero il generico "colpa della società"), è altrettanto vero che non bisogna far finta di niente sulle responsabilità, come il possibile reato di "abbandono dei minori", derivanti dal rogo in cui sono morti i quattro bambini.