Dopo moltissimi anni di annunci, Silvio Berlusconi ha presentato un "pacchetto" di riforme sulla Giustizia, sostenendo che si tratta dell'applicazione del programma di Governo. E citando niente di meno che Alexis de Tocqueville ed il rischio della «dittatura dei giudici». Citazione decontestualizzata rispetto agli ammonimenti, legati alle sue osservazioni del modello americano. Infatti questa preoccupazione del pensatore francese rientrava invece - ma questo a Berlusconi piacerebbe molto meno - nei rischi della «dittatura della maggioranza» per un uso inappropriato del suffragio universale come deriva demagogica con rischi appunto di una "dittatura" della maggioranza sulla minoranza. Certamente riformare la Giustizia è necessario, ma Berlusconi appare la persona meno adatta a proporlo per il contesto in cui si trova oggi con i processi in cui è coinvolto.
Allora può essere utile rileggere una pagine scritta da Luigi Einaudi a proposito dell'uguaglianza davanti alla legge: «Corti e tribunali speciali, giudici di eccezione non devono esistere. Il solo magistrato ordinario, differenziato eventualmente per competenza, deve giudicare. E deve essere indipendente. Nominato dal re, giudicante in nome del re, ma indipendente dal re, dal potere esecutivo e da quello legislativo. Un paese nel quale i giudici non siano e non si sentano davvero indipendenti, i quali non siano chiamati a giudicare in nome della pura giustizia, se occorre, anche contro le pretese dello stato è un paese senza legge, pronto a piegare il capo dinanzi al demagogo primo venuto, al tiranno, al nemico. Il presidio maggiore della libertà dei cittadini in Inghilterra è l'indipendenza della magistratura. La celebre risposta del "mugnaio di Sans-Souci" a Federico II, il quale voleva le sue terre: ci sono dei giudici a Berlino! E' la prova che quella prussiana era una società sana; e la sua resistenza a Napoleone ne fu la prova». Parole sagge e illuminanti, di cui tenere conto. Va detto, per altro, che il cuore della riforma proposta dalla destra ha carattere di revisione costituzionale e dunque con un percorso lungo e tortuoso. Per cui forse si tratta forse solo di un ballon d'essai del Premier a beneficio dei suoi elettori e anche di un messaggio minaccioso verso i giudici che si apprestano a giudicarlo.