L'Unione europea è come un equilibrista che vuole conciliare politiche di sviluppo indispensabili per il rilancio dell'economia e austerità nella spesa pubblica (con la revisione del patto di stabilità saranno dolori per la spesa sociale). Ho avuto modo di parlarne ieri a Bruxelles in occasione di un incontro interessante e eccentrico, per il mix dei partecipanti, fra i Capi delegazione del "Comitato delle Regioni" e gli Ambasciatori delle Rappresentanze nazionali presso le istituzioni comunitarie, che ho scoperto - con vivo stupore e spero non per... diplomazia - sostenere la causa di un ruolo delle Regioni nella governance multilivello che dovrebbe essere una delle chiavi della sussidiarietà. L'occasione era la presentazione di ciascuna delegazione del lavoro in corso per il "Piano Nazionale di Riforma" che dovrebbe confluire poi nelle scelte definitive nell'Unione all'orizzonte 2020, ammesso - ho ricordato - che la programmazione regga ai fatti improvvisi e alla forte imprevedibilità della storia. In Italia le Regioni, in barba al federalismo, compartecipano alle decisioni - mica da ridere, visto che si parla di aiuti alle imprese, di politiche del lavoro, del ruolo della ricerca e di molto altro - in modo troppo limitato in quella che viene definita la fase ascendente, da cui derivano le scelte definitive di politica comunitaria. Questo vuol dire mancato rispetto del dettato costituzionale che, specie con la riforma del 2001, avrebbe dovuto sdoganare la politica europea dai lacciuoli della politica internazionale da sempre campo minato per le Regioni. Certo in Italia resta la constatazione del fallimento delle politiche di coesione nel Sud e questa circostanza sta spingendo il Governo verso una centralizzazione di decisioni e di spesa, come se lo Stato avesse dato buona prova delle sue capacità d'intervento nel cosiddetto Mezzogiorno nei 150 anni di storia italiana. Questo sarebbe oltretutto in netta controtendenza rispetto all'auspicio del Comitato delle Regioni che suggerisce invece accordi pattizi fra Stati e Regioni. Ovvio che una scelta così drastica di "rinazionalizzazione" rischia di incidere sul complesso del regionalismo italiano nel suo rapporto con la politica comunitaria. Sembrano tecnicismi ma dietro ci sono elementi concreti: decisioni strategiche e denaro utile.