Ieri sera, come già all'epoca della guerra dei Balcani, ho sentito nella notte il transito - lungo l'aerovia che si trova sopra Saint-Vincent - di chissà quale tipo di aerei che immagino diretti verso le basi aeree del Sud Italia. Sulle nostre teste ci sono tre "strade" per velivoli del tutto cruciali per il traffico aereo e la guerra alla Libia tocca in qualche modo anche il nostro territorio. Uso il termine "guerra" perché non bisogna essere ipocriti: di questo si tratta e la mia opinione è che non ci fossero alternative e spiace semmai che i soliti balletti diplomatici alle Nazioni Unite e la solita assenza di una linea comune europea abbiano in fondo reso tutto più difficile. Sulla posizione italiana, che all'inizio ha scontato le titubanze dovute alle grandi e imbarazzanti attestazioni di stima fra Silvio Berlusconi e il dittatore Muammar Gheddafi, vale la constatazione che contiamo poco e le dichiarazioni spesso contraddittorie dei Ministri ne sono state la limpida dimostrazione. Per non dire delle posizioni della Lega, di cui mi sfugge il significato e riecheggiano la linea favorevole alla Serbia proprio della già citata guerra dei Balcani. Dice Umberto Bossi: «ci sono preoccupazioni per gas e petrolio e per una mostruosa migrazione verso l'Italia». Bella scoperta, ma quale fosse stata la soluzione alternativa sfugge. Chi ha deciso - in particolare la Francia - di prendere in mano la situazione lo ha fatto per considerazioni geopolitiche, calcoli d'interesse e anche ragioni umanitarie. Da noi, talvolta con ragionamenti da cazzeggio da "Bar sport", si fanno le dichiarazioni in televisione.