Il fatto che il Governo Berlusconi abbia incaricato l'Avvocatura dello Stato di cercare di bloccare, all'ultimo secondo, alla Corte Costituzionale, il referendum sul nucleare di domenica prossima è significativo. Vi è l'estremo tentativo di evitare il quorum sugli altri referendum (acqua e legittimo impedimento), togliendo di mezzo il quesito che più interessa i cittadini e spinge alla partecipazione. Il tema è noto: Silvio Berlusconi riavvia in questa Legislatura il programma nucleare italiano bloccato nel 1986 da un primo referendum avvenuto con la vittoria dei contrari, dopo l'ondata emotiva di Chernobyl. A questa ripartenza si contrappone un nuovo referendum: il tema non preoccupa il Governo filo-nucleare, perché da dieci anni nessun referendum raggiunge più la soglia dei votanti necessaria per essere valido, quando in Giappone c'è lo tsunami con le tragiche vicende della centrale nucleare di Fukushima. Dopo aver detto «si va avanti lo stesso», il Governo sceglie il "trucco" (ammesso dallo stesso Berlusconi) di uno "stop" al nuovo programma nucleare per evitare il voto, aspettando tempi migliori, ma la Cassazione "mantiene" il voto, modificando il quesito e il Governo ora cerca di bloccare nuovamente questo referendum. In contraddizione con le dichiarazioni del genere: si faccia pure il referendum. La ragione principale, come dicevo, è spazzar via il quesito più atteso, ma non credo si debbano sottostimare gli interessi enormi che si erano messi in marcia per la costruzione delle centrali e che spingono per evitare un pronunciamento popolare. La forza dei soldi: un elemento su cui vigilare in democrazia.