La materia è difficile da spiegare, ma cercherò di fare del mio meglio. Sui "buoni benzina", ormai spariti, la strada giusta - alla luce del contenzioso con la Commissione europea - era quella da me ipotizzata, con apposita norma d'attuazione dello Statuto, che prevedeva sconti regionali realizzati attraverso le casse regionali, che sarebbero poi state "rimpinguate" del pari importo dai fondi del riparto finanziario derivanti dal maggior gettito ottenuto con la soppressione della defiscalizzazione. Infatti non si sarebbe agito più, come dal dopoguerra, sulla defiscalizzazione, essendo le accise non più toccabili a causa di una direttiva europea. Così ha deciso - confermando la bontà delle mie tesi, abbandonate dopo il cambio di Giunta - la Corte Costituzionale, approvando una legge regionale del Friuli-Venezia Giulia che prevede un sistema di sconti sui carburanti per cittadini ed onlus (per le imprese la complessità era evidente per il il rischio di "aiuti di Stato", ma si sarebbe potuto procedere utilizzando il "de minimis", come già a suo tempo avevamo ipotizzato) con la sentenza 185 pubblicata ieri. In sostanza: nel "cammino" del carburante l'accisa resta tale e quale, mentre si agisce sullo "sconto" che non tocca il complesso della fiscalità. I cittadini non sono i soggetti che devono pagare quell'imposta (la pagano le compagnie petrolifere) e lo sconto è sul prezzo, non sulla tassa. Nel "caso valdostano", l'ipotesi era quella di usare quei fondi derivati dalle tasse non più scontate e dal decimo che all'epoca veniva ancora introitato dallo Stato. Invece, senza toccare la legge statale del 1949 e neppure riprendendo lo schema della norma d'attuazione che era stato preparato per superare l'impasse in cui la Commissione europea ci aveva posti, si è scelta l'abrogazione della normativa regionale. Non si tratta né di polemizzare, né di "piangere sul latte versato", ma almeno di rendere comprensibile la piccola storia di questa vicenda simbolica per l'Autonomia.