Sarà pur vero che non bisogna troppo affezionarsi alle proprie certezze, perché può sempre venire il momento in cui anche la convinzione più granitica d'improvviso vacilla. Ma a me questa crisi d'identità che sta portando l'Unione europea sull'orlo del baratro spiace, avendo dedicato una parte delle mie energie, pur nel mio piccolo, a questa dimensione comunitaria, difficile ma piena di significati. Bisogna forse rassegnarsi a cambiamenti continui e rapidi che ci obbligano a riposizionarci nelle discussioni politiche, scuotendo la comodità e la sicurezza dei propri convincimenti e non è banale, specie quando si invecchia e diventa difficile porsi in discussione, essendo più conservatori. Purtroppo lo spettacolo è desolante: a Bruxelles vincono sul budget e sulle politiche europee i veti incrociati, che paralizzano tutto in una lotta fra Stati che affossa l'idem sentire. Un buon esercizio ed una reazione salutare sarebbe la scelta di comprarsi un mappamondo e di guardare, continente per continente, i punti di crisi che insanguinano il nostro pianeta fra guerre di diverso livello e intensità, sapendo come e quanto alle tipologie tradizionali della violenza umana si siano aggiunti gli orrori crescenti del terrorismo multiforme e dei suoi epigoni. L'Europa nasce come un vaccino contro il Male che ha percorso il Vecchio Continente con punte di ferocia inimmaginabili in quel Novecento che è stato una sintesi di dolori che hanno sortito come reazione, nel nome di una civile convivenza, quel modello d'integrazione europea spuntato come un fiore in mezzo a campi di battaglia e di sterminio, simbolo di una follia collettiva. Conosco tutti i limiti e chi è federalista potrebbe dire di essere stato buon profeta del fallimento di un'Europa degli Stati, ancora oggi rosi da stupidi nazionalismi, che nulla hanno a che fare con le identità piccole e grandi da salvaguardare come ricchezze e da quell'obbligo di conciliare dimensione vasta sovranazionale e quel regionalismo come rete profonda di governo più antica degli Stati moderni, che hanno tracciato i solchi delle frontiere sul terreno e nelle coscienze dei loro cittadini. Per questo ci vorrebbe un colpo d'ala, ma oggi i cittadini europei sono prigionieri delle proprie paure e di nuove incertezze e povertà e non vedono, perché l'Europa politica balbetta, in questa dimensione comunitaria quel valore aggiunto che dovrebbero considerare una ricchezza nel nome non solo di economie che assieme possono uscire dalla crisi, ma dall'ammonimento di quella "prova mappamondo" che ricorda come solo in un modello di condivisione e convivenza può affermarsi il valore assoluto: la pace. Se tutto si scompagina i mostri, vecchi e nuovi, riappariranno sulla scena al posto della politica.