Immagino, ma ce lo dirà più tardi l'Auditel, che siano stati molti a seguire ieri sera in prima serata su "Rai1" il lunghissimo monologo di Roberto Benigni attorno alla Costituzione italiana. Io l'ho visto con mia figlia Eugénie che era stata invitata a guardare la trasmissione dall'insegnante di Diritto ed era stata opportunamente preparata a farlo. Benigni ha scaldato il pubblico con una serie di racconti scherzosi sulla politica italiana e i suoi protagonisti per poi passare alla lettura vera e propria dei primi articoli della Costituzione, i cosiddetti "principi fondamentali". Lo ha fatto con cenni storici a come ci si arrivò e in quale clima e non so dire - non sapendolo - come lavori Benigni e cioè se con uno staff di autori oppure no. A naso direi di sì e dunque ha mischiato i registri scherzosi e sarcastici con un tentativo pedagogico di rendere familiare temi su cui la gran parte degli italiani sono digiuni e cioè la storia e quella che un tempo si chiamava "educazione civica". Dalla lettura in diretta dei social media due reazioni: entusiasmo popolare per Benigni, grandi dubbi di chi conosce la materia complessa e avvincente del diritto costituzionale. Io, nel mio piccolo, mi situerei nel mezzo. Trovo l'operazione coraggiosa e Benigni è e resta un comico e non lo nasconde affatto. Ma con il suo tono da affabulatore cerca di emozionare e trascinare su di un terreno in cui manca da sempre una capacità di divulgazione oltre la cerchia di quelli che sono, come me, addetti ai lavori, visto che ho sempre studiato e praticato, specie da deputato nella Commissione apposita della Camera, il diritto costituzionale. Inutile dire dunque come fossi interessato per le implicazioni che ci riguardano, dall'articolo 5 ("La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento") e dal 6 ("La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche"). Benigni li ha illustrati ricordandone le ragioni, rifacendosi alle premesse in cui aveva ricordato i regimi totalitari del Novecento (fascismo, nazismo, comunismo) e come i principi tipo la valorizzazione delle autonomie locali, del decentramento statale e della tutela delle minoranze fossero affermazioni esattamente contrarie alle logiche centralistiche delle diverse forme di dittatura. Ovvio il tono divertito nel riferimento alla Lega su quell'inciso che indica la Repubblica "una e indivisibile", piuttosto scontate le battute su certe ruberie nel sistema regionalista. Complessivamente corretti i riferimenti: non si trattava di lezioni ma di rendere fruibile una materia in genere arida per gran parte della popolazione e solo chi ama il diritto costituzionale sa che non è così. Sulle minoranze linguistiche, fatto salvo la bella citazione della Valle d'Aosta e del suo francese e ricordato come il fascismo perseguisse una logica di sradicamento delle minoranze e di uso grottesco dell'affermazione dell'italiano con la traduzione di qualunque termine straniero. Benigni ha ricordato come la tutela delle minoranze finisca per valorizzare l'italiano e ha pure accennato all'uso diffuso dei dialetti. Si è anche riferito all'esistenza delle autonomie speciali legate alla difesa delle "lingue diverse". Chi lo ha aiutato in questa parte, al di là delle battute, non ha colto affatto la complessità della norma, pur semplice e facilmente leggibile, forse non conoscendone l'esatta genesi alla Costituente, compresa la particolarità degli Statuti speciali come il nostro e neppure è stata citata la legge applicativa dell'articolo 6 che parla proprio l'italiano come lingua ufficiale per esaltare, per differenza, le lingue minoritarie, specie proprio quelle non già tutelate da Statuti di rango costituzionale. Per carità non mi addentro in complesse spiegazioni e il rapido "volo d'uccello" del comico toscano su questa parte di Costituzione va comunque apprezzata al di là delle sottigliezze di chi conosce questi argomenti. Parlare di Costituzione è bene e dunque l'esperimento è stato interessante, come dimostrato da mia figlia che non si è persa neppure una parola.