E' indubbio che anche in Valle d'Aosta la crisi economica ci sia e colpisca duramente e non potrebbe essere altrimenti in un mondo sempre più interconnesso. Chiudiamo l'anno sperando che davvero lo "scenario fosco" finisca a partire dal 2013, come qualcuno azzarda possa avvenire, perché non se ne può più di questa palude d'incertezza. Agli economisti spetterebbe dirci il perché di un fenomeno già visto in passato, vale a dire l'esistenza di un leggero ritardo con cui certi avvenimenti macroeconomici e mondiali si riversano sulla nostra Valle. Certo è che ora la "grande gelata" è arrivata e siamo nel momenti topico e con chiunque parliate, nei diversi settori, la crisi non è per nulla una percezione astratta ma qualcosa di terribilmente concreto che sta avvelenando i "fondamentali" della nostra economia. Il dato più doloroso è sicuramente quello, palpabile in ogni famiglia, della disoccupazione nelle sue diverse forme e colpisce in particolare il tasso, mai così elevato sino ad oggi, della disoccupazione giovanile. Mai come di questi tempi, con il declinare sino alla sua sparizione del fondo compensativi che lo Stato ci trasferiva per il venir meno dal 1993 dell'IVA degli sdoganamenti effettuati sul nostro territorio a causa della caduta delle barriere doganali in Europa, il nostro nuovo riparto si basa su risorse proprie. E' in questo senso, con il contrarsi della "ricchezza" prodotta in Valle, diminuisce la fiscalità che alimenta il nostro riparto fiscale e questo si riflette in minori trasferimenti e disponibilità per il nostro sistema pubblica regionale. In più - anche se la Corte Costituzionale è già intervenuta contro questo "modus operandi" dello Stato perché in violazione della norma di attuazione sull'ordinamento finanziario - Roma aveva cominciato e in parte ancora la a a bloccare in tutto o in percentuale certe tassazioni con la giustificazioni di trattenersi al centro del denaro a beneficio del rientro dal famoso debito pubblico. Si aggiungono le norme vessatorie del "Patto di stabilità" e i suoi successivi inasprimenti, che impediscono la spesa anche quando i soldi ci sarebbero e questo meccanismo per i cittadini risulta veramente incomprensibile. Un fatto scontato è che fattori congiunturali, con le conseguenti risposte anti-crisi per evitare il peggio, bisogna ormai sostituire interventi strutturali sulla spesa pubblica che mettano assieme politiche di risparmio e misure per il rilancio dell'economia. Una politica non semplice - simile al desiderio di avere «la botte piena e la donna ubriaca» - che obbliga ad avere le idee e le capacità per cambiare registro. Non invidio chi governa, perché a tutti i livelli - Bruxelles, Roma, Aosta - si rischia d'incorrere nell'ira funesta dei cittadini. Ma avere posti di responsabilità non è né un obbligo né un titolo onorifico e soprattutto le difficoltà costringono a condividere le decisioni, come precondizione per avere una comunità che sappia ripartire, quando il momento verrà, senza rischi di ritardo o di stagnazione. Intanto che il "Buon Anno" sia con voi.