Mi è capitato spesso, nei miei discorsi pubblici in Valle, di citare pillole di storia valdostana. Trovo che il confronto fra passato e presente sia una ricchezza, specie se serve a capire l'evoluzione nel tempo sino all'attuale autonomia speciale. Le radici di una pianta sono una componente essenziale. È straordinario pensare a come qui, dove noi viviamo oggi, si siano succedute generazioni di persone con gli avvenimenti della loro epoca e con una cultura forgiatasi nel tempo con una stratificazione progressiva e che proseguirà in futuro. Proprio in questo senso la scrittrice québécoise Monique Corriveau ha scritto: "Toute idée nouvelle a besoin, comme une plante, d'enfoncer ses racines". Trovo per altro che i giovani siano interessatissimi a capire certi aspetti che non conoscono ed è naturalmente un dovere - a fronte di ancora deboli nozioni di "civilisation valdôtaine" - una logica di trasferimento di conoscenza che è, alla fine, un doveroso passaggio di testimone. Questo deve avvenire a maggior ragione quando si moltiplicano quelli che si richiamano ai valori dell'"autonomismo", come adesione alle ragioni fondanti del nostro Statuto d'autonomia e al corpus precedente e successivo che sostanzia l'ordinamento giuridico della Valle d'Aosta. Nessuno può avere un'esclusiva sul tema, ma certo - se un label d'autonomista DOC non esiste - bisogna anche diffidare di due fenomeni ben visibili. Il primo potrebbe essere definito "fra dire e il fare" e ciò quando si verifica un crescente distacco fra le affermazioni di principio e la politica reale. È visibile come spesso un armamentario autonomista - pensiamo alla politica antiautonomista di tagli draconiani alle finanze dei Comuni - può diventare un elemento retorico privo di reale sostanza e persino può essere adoperato per nascondere atteggiamenti di complicità o di soggezione al potere centrale e di alleanze politiche incompatibili proprio con la propria storia. Il secondo aspetto è quando c'è chi si impadronisce di certi temi autonomisti in una logica di mimetismo, che in termini politici - per analogia con gli animali che si "travestono" per confondersi con l'ambiente naturale in cui vivono - significa la capacità astuta e manovriera di mutare il proprio modo di essere. Un atteggiamento per adattarsi perfettamente alla società in cui si opera e alle idee dominanti nell'opinione pubblica - in particolare i cittadini elettori - cui ci si deve rivolgere.