Qualche anno fa mi ritrovai in un "Club Med" in Sicilia e c'era - prevedibile che accadesse in un villaggio pieno di francesi - una "soirée fromage", in cui campeggiava in bella mostra la dizione "Fontina valdostana". Purtroppo la sola vista del formaggio bastava per aver conferma che del nostro prodotto tipico non ci fosse traccia, si trattava di un formaggio tarocco di bassa qualità e dunque, attraverso il Capo villaggio, mi trovai a parlare con il responsabile degli acquisti alimentari, che fece autocritica, spiegandomi che gli era stata venduta come tale. Trovo che i valdostani dovrebbero protestare sempre quando si accorgono di frodi alimentari, tipo la singolare "focaccia valdostana", che si trova a Lucca e che la "Fontina" la vede con il binocolo, per non dire di terribili "bistecche alla valdostana" che si mangiano in giro.
Eppure la "Fontina" resta la "Fontina". So bene che siamo ancora nella situazione in cui esiste il rischio che la filiera lattiero-casearia della zootecnia sia legata mani e piedi al destino del nostro formaggio "Dop". So altrettanto bene che una crisi della monticazione in alpeggio rischia di ridurre la produzione della "Fontina" più prelibata, ma questo deriva anche dal fatto che nel disciplinare non si distinguono due "Fontine", "plaine" e "montagne". Ed il tentativo di pagare di più quelle di alpeggio è per ora non competitivo, anche per i tempi di liquidazione delle somme dovute, rispetto ai caseifici di fondovalle. So, infine, che - e la ritengo una scelta giusta - anche con il latte bovino si stanno differenziando le produzioni con formaggi che evitino appunto il rischio monocoltura della "Fontina". Un'annotazione finale: la "Fontina" risultava un prodotto "Dop" da proteggere anche nel criticabilissimo - e di recente sepolto, per fortuna, per mano francese - trattato commerciale "Ue-Usa" ("Ttip"). Per dire: gli americani purtroppo avrebbero potuto continuare a produrre il loro tarocco della "Fontina", come avviene da tempo con l'inquietante "Fontina del Wisconsin".