L'altro giorno con un amico ci siamo messi ad elencare - e volendo si può serenamente partire dal tempo delle caverne - le tecnologie nate ad uso militare (cioè per farsi male fra esseri umani) e successivamente volte al civile. Leggo da varie parte che ormai la distinzione dovrebbe essere azzerata, perché la tecnologia è "tecnologia", per cui si affermerebbe la logica - non sono esperto e dunque ne prendo atto - "dual use" e cioè scoperte utilizzabili sia in campo militare che in applicazioni civili. Fatto sta che, almeno per le famose Grandi Potenze, la disponibilità di denaro per tutte quel che ruota attorno all'uso militare resta imponente. Una felice eccezione di un'idea tutta civile e senza far male a nessuno viene da un'idea - quella dell'aereo solare - nato nel 2003 da una speranza, che sembrava un'utopia, del medico e pilota svizzero (viva la neutralità!), Bertrand Piccard, erede di una dinastia di esploratori.
Bertrand è figlio di Jacques, primo uomo sceso sul fondo della "Fossa delle Marianne", nonché nipote di Auguste, che infranse il record di altitudine con il pallone aerostatico. Una famiglia - si potrebbe commentare - che ha l'avventura nei propri geni e che regge con coraggio l'evidente propensione al rischio, visto che anche in questo volo di cui diremo c'era la possibilità di lasciarci la ghirba. Storia degna della penna di un Antoine de Saint-Exupéry. La notizia di attualità è questa: ieri ad Abu Dhabi al termine di un giro del mondo senza precedenti l'aereo solare è felicemente atterrato. Il velivolo è giunto all'aeroporto di Al-Batten, da dove era partito il 9 marzo del 2015 per un viaggio di oltre 42mila chilometri attraverso quattro continenti per un autentico giro del mondo, che sarebbe piaciuto al precursore di queste idee balzane, lo scrittore Jules Verne. Pilotato - come dicevamo - dallo svizzero Bertrand Piccard, "Solar Impulse II" è partito domenica scorsa dal Cairo, ha percorso 2.763 chilometri in più di 48 ore per questa 17esima ed ultima tappa del suo viaggio. Ora facciamo un passo indietro e ricordiamo com'era fatto questo aereo particolare, traendo lo da "Lettera 43": " Solar Impulse 2 è un quadrimotore ultraleggero realizzato dal Politecnico federale di Losanna (annoto a margine che questa scuola, a due passi da noi, è ormai considerata eccellenza mondiale a dimostrazione che si può essere situati anche in un piccolo Paese in mezzo alle montagne ed essere dei numeri uno) . Il velivolo non ha bisogno di combustibile perché è alimentato da 17.248 celle solari. Questo è il cuore della novità: volare come Icaro, ma per fortuna senza precipitare con le ali infuocate, ma il rischio di cadere stava proprio nell'eventuale mancanza di energia. L'obiettivo del progetto è dimostrare che è possibile circumnavigare la terra senza dover fare il... pieno. Non si tratta del primo aereo solare, ma del primo in grado di volare giorno e notte. I punti più impressionanti restano, l'apertura alare di 72 metri superiore a quella di un "Jumbo Jet 747" e di poco inferiore a quella di un "Airbus A380", il più grande aereo passeggeri di linea nel mondo, il peso pari a quello di una comune utilitaria. "Solar Impulse" può raggiungere una velocità di novanta chilometri orari. L'energia è accumulata nelle batterie a litio. Con queste caratteristiche è in grado di volare per cinque giorni e cinque notti di fila. Il quadrimotore è dotato di cabina non pressurizzata, quindi non ha un sistema che garantisce il livello normale di condizioni di pressione, ma ha comunque vari supporti ambientali per permettere al pilota una quota di volo di 3.600 metri e questo significa scegliere con attenzione itinerari, dopo aver consultato la meteo, perché si rischia di trovarsi in condizioni critiche, se si sbaglia". Il balzo in avanti rappresentato da questa prodezza tecnologica e umana dovrebbe darci un pochino di ottimismo e figurare con titoli più grandi, non fosse che siamo ammorbati da orrori - penso al prete sgozzato nella sua chiesa a Rouen e non ho più parole da annotare per il mio sdegno e la mia rabbia - che mettono in secondo piano la portata di questa avventura, che apre orizzonti.