Ho seguito, con l'interesse di chi per parecchi anni si è occupato dei problemi - anche di sicurezza - degli impianti di risalita, gli avvenimenti di due giorni fa, che hanno messo al centro dell'attenzione con una certa enfasi la funivia che proprio poco tempo fa - scrivendone qui - avevo percorso andata e ritorno fra "Punta Helbronner" e l'"Aiguille du Midi". Quando sono andato a farci un giro (partendo dalla "Skyway" valdostana e lo rimarco perché per ora le promesse di finanziamenti statali sono rimaste tali), avevo fatto un ripasso storico della nascita e dello sviluppo del complesso sistema funiviario.
Compresa la famosa liaison grazie in particolare al contributo storico e tecnico - nulla avevo trovato di così efficace fra scritto, foto e disegni in Rete in italiano - del rimarchevole sito remontées-mequaniques.net, che nella sintesi del materiale vastissimo a disposizione così descriveva l'impianto: "Le téléphérique de l'impossible: un survol glaciaire de cinq kilomètres entre la France et l'Italie, imaginé par Dino Lora Totino et Vittorio Zignoli. Mise en service: 1957". Un anno prima che nascessi, insomma, questo impianto chiudeva il sogno dell'ingegner Lora Totino, biellese pieno di intraprendenza e di idee, che aveva prima operato al Breuil-Cervinia (di cui divenne "conte" con titolo reale!), ma non riuscendo a chiudere quei collegamenti funiviari con la svizzera Zermatt (che ora sta operando con nuovi poderosi impianti, che concretizzeranno ancor di più quel collegamento già così visionario negli anni Quaranta del secolo scorso) spostò la sua idea sul Monte Bianco, con il chiodo fisso di collegare Courmayeur e Chamonix. Tanto che, con un colpo di testa, mentre incominciava a pensare come farlo con le funivie, iniziò a scavare pure un tunnel stradale, che fu utile per mettere fretta agli Stati, che poi inaugurarono il traforo nel 1964. E' proprio negli anni Cinquanta - mentre l'Italia aveva già la funivia sino alla sua linea confinaria - lavorò in Francia per realizzare l'Aiguille du Midi e ci riuscì. Ma vediamo cosa dice il sito già citato: "Depuis 1946 sont donc en service les téléphériques de Courmayeur à Refuge "Torino" non loin du col frontière du Géant, à peine plus de cinq kilomètres séparent ce refuge de l'Aiguille du Midi. La liaison par téléphérique était parsemée de difficultés en raison d'une séparation de plus de cinq kilomètres de Glaciers. Le but étant de traverser la Vallée Blanche et le Glacier du Géant, qui se suivent sans interruption mis à part quelques rochers perdus dans les glaces éternelles du massif du Mont Blanc". I problemi tecnici sembrano si primo acchito insormontabili, in un ambiente ostile e nel clima sospettoso del dopoguerra. Ma l'idea va avanti con il coraggio dei pionieri: "Lora Totino ne se découragea pas et au fur et à mesure commença l'étude de ce projet. Tout en la détaillant, l'assimilant peu à peu jusqu'à en devenir le maître absolu. On ne peu décrire l'effort surhumain réalisé dans la phase préparatoire du projet. Alors que les mille et une difficultés qui surgissaient à tout moment semblaient insurmontables, il n'y avait que l'entêtement et la volonté inébranlable de l'ingénieur Dino Lora Totino, bien décidé à mener ce projet jusqu'au bout, qui permirent de conclure l'œuvre". Ancora oggi chi ami gli impianti a fune e la loro sempre galoppante tecnologia non può che essere stupefatto da tante scelte studiate per superare le difficoltà poste dalla Natura. Profittiamo ancora di un pezzo di citazione: "Vittorio Zignoli professeur à l'institut polytechnique de Turin en fut le projeteur. A plusieurs reprises il dut recourir à des innovations crées spécialement pour surmonter les diverses difficultés dues à la géologie, à la configuration du terrain ainsi qu'aux conditions météorologiques très capricieuses. Mais depuis Noël 1957 les petites cabines par groupe de trois survolent les cinq kilomètres de glacier". Nel 1972 Lora Totino cedette gli impianti lato francese ad un altro personaggio incredibile come lui, il barone Élie de Rothschild, banchiere e "bon vivant" che - dopo esserne stato perseguitato dai nazisti - investì nel dopoguerra nel turismo proprio Chamonix. Con successivi passaggi di proprietà oggi la parte francese è in mano alla "Compagnie du Mont-Blanc", un colosso nel turismo alpino. Quell'impianto di collegamento, così innovativo all'epoca, è stato in quasi sessant'anni scenario di diversi incidenti: il più clamoroso fu la tragica fatalità con cui un jet francese tagliò un cavo della funivia nell'agosto del 1961. Così racconta il sito aiguilledumidi.com: "Dans une manœuvre de redressement de dernière seconde, le pilote militaire accroche avec l'aile gauche le câble tracteur qui guide à ce moment un groupe de trois cabines entre le gros Rognon via la gare d'arrivée et le sectionne. C'est l'endroit de la ligne où la pente est la plus forte. Les fragiles cabines d'aluminium qui s'élèvent vers l'Aiguille du Midi se trouvent d'un coup privées de traction et entament immédiatement une brutale marche arrière. Elle se séparent du câble porteur au passage du Gros Rognon pour finalement s'écraser 150 mètres plus bas de l'autre côté en dévalant la face rocheuse à plus de 3.526 mètres d’altitude. L'installation, privée de câble tracteur, s'arrête nette. Au sol, dans ce qui reste des bennes, six personnes ont perdu la vie. Dans le ciel, commence pour les 81 autres passagers bloqués l'angoisse d'un sauvetage qui reste exceptionnel". Già allora, senza avere gli elicotteri, primeggiarono nei soccorsi le guide alpine di Courmayeur e di Chamonix. L'incidente di qualche ora fa è stato meno drammatico, malgrado i disagi di chi ha dovuto passare la notte appeso ad un filo in una piccola cabinetta. Resta la banale considerazione che, mentre la funivia lato valdostano è un'eccellenza tecnologica senza eguali e la modernità, forse meno innovativa, riguarda anche l'impianto dell'Aiguille du Midi, la "Panoramic Mont-Blanc" (opera di una società di fatto italiana e poi tornata transalpina) fa l'effetto - suggestivo ma non così rassicurante - di un vecchio impianto con i suoi meccanismi di sicurezza, ma anche con le criticità di cui abbiamo avuto conferma proprio con il guasto delle scorse ore. Un vecchio amico ingegnere funiviario mi diceva che lui lì non ci sarebbe andato volentieri... Magari, uscendo da una certa logica "cane e gatto" che sembra essersi affermata fra le società funiviarie (che pure sono legate dal comune destino, come si è visto anche in questa circostanza), non sarebbe male che su quella assoluta meraviglia che è la funivia dei Ghiacciai - nella parte più ardita ma più datata nel collegamento su cavo - si facesse un serio ragionamento congiunto di prospettiva per superare l'attuale gap tecnologico con il resto della linea. Sarebbe una scelta più europea di tante chiacchiere!