Nasce il Movimento d'opinione "MOUV'" (apostrofo rosso) e ognuno può sbizzarrirsi nella lettura del nome: il più semplice è l'apocope (abbreviazione) da "Mouvement", ma ci sta anche il dinamismo di "Move", che in inglese vuol dire «darsi una scossa»! Ma il simbolo, la spirale, spazia dal passato più remoto con questi cerchi ritrovati come simbolo astronomici nell'area megalitica di Saint-Martin de Corléans e pure in rocce incise fra Montjovet e Saint-Vincent, per non dire di questa figura solare e vitale per i Celti, per matematici come Leonardo Fibonacci, artisti come Leonardo Da Vinci e Vincent Van Gogh, psicoanalisti come Carl Gustav Jung o presenti nelle impronte digitali dei nostri polpastrelli o nella forma del nostro Universo. C'è tutto il senso della vita e - per me - l'immagine del passaggio fra generazioni che rende la nostra vita come un pezzo di una lunga catena.
Ieri nella presentazione si sono usate anche delle belle frasi, come «La libertà esiste, se esistono uomini liberi» di Luigi Einaudi, uomo di valore, amico dei valdostani. Oppure «Tout peuple qui s'endort en liberté se réveillera en servitude» di Alain che, come mi ha raccontato Corrado Binel, ha un link singolare con la Valle: «Sergio Solmi è uno dei maggiori studiosi italiani di Paul Valéry e per l'appunto di Chartier (Alain) al quale ha dedicato uno scritto già negli anni Trenta. Nel 1924 Sergio Solmi sposa Dora Martinet, una delle sorelle di Eugenia (Ninì) (...) Sergio Solmi è dunque il collegamento "tortuoso ma limpido" tra Chartier e la Valle d'Aosta». A me sarebbero piaciute anche queste due altre frasi: «La libertà non sta nello scegliere tra bianco e nero, ma nel sottrarsi a questa scelta prescritta» di Theodor Adorno e «Je crois qu'il y a des résistances honnêtes et des rébellions légitimes» di Alexis de Tocqueville. Adoperate, invece, nelle presentazioni di alcuni temi ci sono state: «L'avenir comme le présent, comme le passé aura ses moments noirs et des moments roses, il nous réserve des surprises bonnes et mauvaises. Contentons-nous de lutter dans le présent et attendons d'un pied ferme l'avenir» di Émile Chanoux ed «Essere giovani vuol dire tenere aperto l'oblò della speranza, anche quando il mare è cattivo e il cielo si è stancato di essere azzurro» di Bob Dylan. Confesso il vezzo di aver proposto anche mio zio Séverin Caveri con «Les prémisses de l'existence même de notre liberté valdôtaine et des droits consacrés par le Statut régional sont politiques». Ma non poteva mancare la "Dichiarazione di Chivasso": "Il federalismo è il quadro più adatto a fornire le garanzie di questo diritto individuale e collettivo e rappresenta la soluzione dei problemi delle piccole nazionalità e minori gruppi etnici, garantendo nel futuro assetto europeo l'avvento di una pace stabile e duratura". Sul piano economico come non ricordare Aldo Bonomi: «Oggi, nell’era della green economy, la montagna, che prima era al margine, dipendente dalla dimensione urbana, può tornare a diventare centrale, e può rinegoziare anche il suo essere parte del capitalismo delle reti, dei flussi, dall’energia alle vie di comunicazione, fino alla finanza» e su quello culturale Denis Fustel de Coulanges: «Les hommes sentent dans leur cœur qu'ils sont un même peuple lorsqu'ils ont une communauté d’idées, d'intérêts, d'affections, de souvenirs et d'espérances». Infine, secco secco, il grande Paul Guichonnet: «Pour une civilisation alpine fondée sur la libre détermination de collectivités locales, autonomes et responsables». Tutte piste straordinarie - per chi lo vorrà fare senza steccati - per discutere! Una politica dal basso verso l'alto e non una desolante e sempre più solitaria autocrazia alla valdostana.