Io penso che il rinvio a Roma alla "Conferenza Stato - Regioni" del provvedimento sui lupi, noto come "Piano Lupi", che conteneva un passaggio più che garantistico per abbattimenti motivatissimi e mai arbitrari del predatore, sia un indubbio successo di manipolazione di parte di un certo mondo ambientalista, quello ormai votato più alla protezione degli animali che degli esseri umani. Una deriva terribile e persino grottesca per certa rappresentazione dei fatti à la page del tutto infondata, che ormai assume forme estremistiche di cui preoccuparsi e quel che colpisce è quante persone in buona fede abbiano visto nel provvedimento in discussione una specie di atavica vendetta umana verso il lupo, considerato "cattivo" per la favolistica ben nota, mentre oggi sarebbe animale "buono" per una sorta di pentimento collettivo e una liberazione da ataviche superstizione dei montanari stupidi di un tempo. Ma la vera sconfitta è semmai per il mondo di chi in montagna ci lavora.
A me, alla fine, figurarsi che cosa interessa di abbattere un lupo, ma mi domando se esista - e penso proprio di sì - un limite alla sua diffusione, vista la sua prolificità in ambienti adatti in piena rinaturalizzazione ed in totale assenza di predatori di questo predatore, non fosse altro per l'effetto regolatore che può venire da parte degli uomini. L'impressione reale è che i numeri che vengono dati in Italia da certi censimenti siano più bassi della realtà proprio per un disegno protezionistico, che in certi limiti ragionevoli è del tutto legittimo. Mi fa piacere il ritorno del lupo, vorrei però capire in quali proporzioni venga considerato logico e sopportabile. Per evitare un giorno che certi "amici del lupo" scoprano una proliferazione eccessiva della specie e gridino il contrario di quel che dicono oggi. Noto con preoccupazione troppi silenzi da parte degli eletti a tutti i livelli delle zone montane, appiattiti su posizioni che probabilmente si ritengono più redditizie in termini elettorali e dunque meglio parlare d'altro e tacere sul punto. Anche se, alla fine, questa storia del lupo è diventata davvero un solco pieno di incomprensioni fra la montagna e la pianura. Ha scritto di recente, in una lettera alla Regione Piemonte, il montanaro occitano Mariano Allocco per il "Coordinamento Gente di Montagna" e segnalo solo alcuni punti:
«L'impatto che il lupo ha sulla vita sui monti sta emergendo in modo esponenziale sia sul piano economico che della sicurezza; la sua gestione, ora delegata di fatto al progetto "Wolfalps" gestito dai soli Parchi, ha dimostrato limiti evidenti, la questione sta sfuggendo di mano e, oltre ai danni delle predazioni, sta spostandosi pericolosamente, come noto, sul piano della sicurezza e dell'ordine pubblico; Il "Piano di conservazione e gestione del lupo in Italia" dà alle Regioni la possibilità di chiedere deroghe al divieto di rimozione di lupi previsto dalla convenzione di Berna, si rende allora urgente la predisposizione dei dati necessari, dati che ora non si hanno e il progetto "Wolfalps" non è in grado di fornirli in tempo utile; Il numero di lupi presenti in Piemonte dichiarati da "Wolfalps" a gennaio 2016, (ventitré branchi sulle Alpi, di cui ventuno in Piemonte, quattordici in provincia di Cuneo e sette in provincia di Torino per un totale di ottanta - novanta lupi in Piemonte, più alcuni soggetti in dispersione) non è compatibile col numero di lupi che quotidianamente vengono avvistati su tutto il territorio regionale, solo nel 2016 ne sono morti una ventina sotto le vetture, sette-otto dal primo dicembre ad oggi (il "Piano" prevede al massimo la rimozione del cinque per cento dei capi presenti nella regione, se i numeri forniti da "Wolfalps" fossero esatti questo numero sarebbe abbondantemente superato già dai capi rinvenuti morti in incidenti); I rimborsi e gli aiuti previsti non coprono che in parte i danni, mentre i costi aziendali di conduzione per prevenire le predazioni non sono noti e rischiano a breve di mettere fuori mercato l'allevamento sui monti».
Sul "Piano lupi", bloccato per ora su spinta ambientalista, si esprime anche da Crissolo Giovanni Dalmasso, che rappresenta gli allevatori d'alpeggio: «La nostra associazione, che rappresenta gli alpeggiatori delle vallate del Piemonte, da sempre sostiene la necessità di intervenire sul grave problema della presenza del lupo sul nostro territorio che rischia di mettere in pericolo l'attività dei margari e dei pastori a causa delle predazioni da alcuni anni sempre più frequenti. Le soluzioni avanzate all'interno del "Piano di conservazione e gestione del lupo in Italia" e le misure messe in atto attraverso il "Psr 2014 - 2020" del Piemonte per limitare gli attacchi e proteggere le mandrie e i greggi dalle predazioni non sembrano sufficienti a garantire la sicurezza degli allevamenti sui pascoli e questo mette a forte rischio un settore, come tutti sappiamo bene, fondamentale per la tutela del territorio, il turismo e l'economia agricola. A riguardo del "Piano di conservazione e gestione del lupo in Italia" la nostra associazione fin da subito ha evidenziato l'inefficacia e l'impossibilità di attuare molti dei provvedimenti per la coesistenza del lupo con le attività dell'uomo, in particolare con la pastorizia. Quello che maggiormente ci ha lasciato perplessi è il mancato coinvolgimento del mondo agricolo tra gli "esperti" che hanno partecipato alla stesura del Piano creando, inevitabilmente, un quadro distaccato da quella che è la realtà sul territorio e di conseguenza ogni azione, proposta e soluzione suggerita dal Piano non potrà mai trovare un esito veramente efficace e conciliabile con le esigenze degli allevatori che in montagna non solo ci lavorano ma ci vivono ogni giorno con le loro famiglie. Le opposizioni degli allevatori alle regole del Piano (e anche a quelle del "Psr" regionale!) non sono sufficienti a far cambiare parere a coloro che gli hanno redatti ed anche se qualche articolo venisse modificato, non muterebbe l'insieme negativo delle misure». Notate la triste rassegnazione e il senso di profonda solitudine. Dai Monte Lessini, tra Verona, Vicenza e Trento, arriva quest'altro messaggio, intitolato "Senza pascoli muore la montagna": «Senza i pascoli le montagne muoiono, l'ambiente si degrada e frane e alluvioni minacciano le città. Agricoltori, allevatori e pastori chiedono attenzione per il lavoro di presidio della bellezza dei paesaggi e della sicurezza dei territori che è possibile solo con una corretta gestione dell'ambiente e delle sue risorse naturali. Nel Piano lupo in decisione alla "Conferenza Stato - Regioni" ci sono ventidue azioni che mirano a far convivere la sua presenza in equilibrio con quella dell'uomo e delle attività economiche presenti da secoli. Nel nostro territorio le vittime sono soprattutto manze, vitelli ed equini delle storiche razze italiane con le quali faticosamente si sta cercando di fermare l'abbandono per ricostruire il tessuto connettivo delle aree interne e marginali. Come è avvenuto in altri Paesi europei serve la responsabilità delle Istituzioni di fronte alle ragioni della scienza per salvaguardare un bene comune, anche quando sono fattori naturali a metterli in pericolo. Non lasciate solo e abbiate fiducia in chi ogni giorno senza protagonismi vive e lavora concretamente a contatto con la natura». Ma per ora il Piano è stata rinviato e nel firmare contro una inesistente strage dei lupi sono stati in pochi a verificare sia cosa ci fosse di vero sia il rovescio della medaglia. Una vera tristezza.