Il Web è facile da demonizzare: vale però la medesima regola valida per la galassia dell'informazione, per cui una buona notizia come tale non fa presa sul pubblico e dunque non è da considerarsi una notizia allettante. Insomma, del mondo della Rete va bene parlare del "lato oscuro", ma va apprezzato - come strumento ricco di possibilità - quanto di buono si può trovare. Il caso per me più significativo è la ricchezza di testate giornalistiche raggiungibili e questo consente di apprezzare argomenti e punti di vista che servono come riflessione sulla realtà. Ogni tanto, come una formichina che fa le scorte, metto da parte certi editoriali. Apprezzo molto Ferdinando Camon, celebre scrittore che annota i suoi pensieri - fra gli altri - anche sui giornali del "Gruppo L'Espresso".
Questo editoriale l'ho trovato particolarmente interessante in questa temperie politica. Così esordisce: «"C'è nostalgia di un nuovo Mussolini" è la notizia inquietante che spiccava ieri tra le notizie dell’agenzia "AdnKronos". E se c'è questa nostalgia, «la colpa è di Gentiloni e Boldrini» dice, interpellato, Matteo Salvini. Lasciamo stare l'accusa a Gentiloni e Boldrini, che sa tanto di propaganda elettorale, e guardiamo al resto: c’è nostalgia di Mussolini. Domandiamoci perché, e in che senso». Capita nelle discussioni di sentire certi ragionamenti lungo questa linea, come soluzione salvifica in epoca di scarsi riferimenti e bassa conoscenza degli aspetto più inquietanti del passato. Così Camon: «C'è nostalgia e voglia e attesa di un uomo forte, che faccia subito quel che il governo rimanda continuamente. Noi dobbiamo votare, e prima o poi voteremo. Più probabile "poi" che "prima". Perché non abbiamo una legge elettorale che metta d’accordo tutti, e ci troviamo in questa condizione: o votiamo presto con una legge imperfetta o rimandiamo le votazioni in attesa della legge. Siamo una democrazia paralizzata. La gente non capisce come mai, a settant'anni dalla nascita della Repubblica, non abbiamo ancora una legge condivisa, che ci permetta di votare. La gente ha ragione. E non capisce perché questa legge non si faccia in fretta. Anche qui ha ragione. Il fatto è che le forze politiche esaminano le diverse formule di leggi calcolando a priori chi vincerebbe secondo l'una o secondo l'altra. Ogni schieramento politico è pronto a votaree la legge che farebbe vincere lui. La legge prima o poi si farà, perché è indispensabile, ma il fatto è che in questo momento abbiamo nel nostro Paese due e forse tre schieramenti che si equivalgono, individuarne uno prevalente è difficile, e per questa difficoltà la legge slitta. La gente aspetta invano. La vanità dell'attesa la esaspera. Vorrebbe la legge subito. E chi potrebbe accontentarla? Un nuovo Mussolini». Triste constatazione, ma bisogna essere sempre realisti nel guardare alle tendenze dell'opinione pubblica, per altro supportate da dati pubblicati da "La Repubblica" e così sintetizzati da Ilvo Diamanti: «Come mostrano i sondaggi condotti da Demos. Dai quali emerge come, fra i cittadini, questa idea risulti non solo maggioritaria, ma in costante crescita. E oggi dominante. L'affermazione: "C'è troppa confusione, ci vorrebbe un Uomo Forte a guidare il Paese", infatti, nel 2004 era vicina - ma ancora sotto - alla maggioranza degli elettori. Nel 2006, però, era condivisa dal 55 per cento degli elettori e nel 2010 quasi dal sessanta per cento. Ma oggi (meglio, pochi mesi fa, nel novembre 2016) l'attrazione verso l'Uomo Forte sfiora l'ottanta per cento. Pare divenuta, dunque, un'idea dominante». E Camon così osserva: «La gente pensa (non a torto) che il groviglio di problemi che impastoia la nostra politica sia come il nodo di Gordio: c'è un nodo da sciogliere, non si troverà mai il capo o la coda del nodo per scioglierlo, l'unica soluzione è tagliarlo con un colpo di spada. Ci vuole l'uomo forte, che abbia la spada e sappia usarla». Ma lo stesso scrittore padovano conclude in modo arguto e indica il problema: «Ma l'uomo forte non vince le guerre, le perde. Lo sappiamo per esperienza. A chi chiede un uomo forte, la risposta migliore è: "Un altro?". La voglia di un uomo forte è una delega ad altri di un potere nostro: non sapendo cosa fare, vorremmo passare la decisione ad altri. E' una democrazia insicura. Non di un uomo forte abbiamo bisogno, ma di un popolo maturo». Già: quante volte nella mia vita ho osservato la rabbia verso i politici, ma ho sentito poche volte l'autocritica verso l'altra faccia della medaglia: chi quelle persone le ha votate, consentendo la loro elezione.