Ci sono pensieri che baluginano per uno spunto improvviso, che diventano a loro volta oggetto di riflessione e di esame di coscienza e si sa quanto faccia bene. Mi è capitato l'altra sera, guardando in televisione un film italiano molto simpatico e con bravi attori e di questi tempi non è così facile che avvenga con produzioni troppo spesso misere. Si tratta di "Forever Young" del regista, sempre acuto e simpatico, Fausto Brizzi. La storia raccontata è un incrociarsi di vicende umane che ruotano attorno ad un tema che ormai incomincia ad interessarmi per spietate ragioni anagrafiche. In sostanza: esiste il rischio, come emerge dalle storie raccontate con affetto e leggerezza, che a partire da una certa età ci sia chi continua a fare il ragazzino, non avendo più l'età per farlo, e rischi di conseguenza di risultare incongruo e persino patetico in questo afflato contro natura.
Ci sono diverse varianti nello stesso solco, che si sia uomini o donne. Purtroppo non vale la battuta di Charlie Chaplin: «La giovinezza sarebbe un periodo più bello se solo arrivasse un po' più tardi nella vita». Ma si sa che questo non può avvenire e dire "purtroppo" lascia il tempo che trova. E' vero che questo avviene e, benché il fenomeno non sia nuovissimo e già ci scherzassero i classici, siamo in un'epoca in cui si manifesta con nettezza, complice certe scarse certezze che ci scompaginano. Penso sia ancora più difficile oggi far coincidere i periodi della vita con la rigidità di un tempo, quando infanzia, giovinezza, età adulta e vecchiaia erano incasellate con ragionevole certezza. L'evidenza dell'allungamento della vita e le possibilità di maggior benessere fisico - sempre che si abbia la necessaria fortuna - mischiano le carte rispetto al passato e ci proiettano su terreni insidiosi. Tipo quegli amici che cedono alla tentazione di botulino et similia e mi fanno tenerezza per questo esorcizzare le rughe come se fossero ferite. Ma - come dimostra il film con una serie di gag - non tutto è in oro quello che luccica in questo fermare l'attimo e dunque il rischio è quello di un patetico giovanilismo. Penso che se ci guardiamo attorno abbiamo esempi mirabili e assai tristi di chi non si rassegna all'ovvietà del trascorrere degli anni. Al fatto banale che ogni stagione della vita ha sue caratteristiche ed è evidente che la vecchiaia porta con sé una serie di magagne su cui è bene ragionare. Ha scritto Massimo Fini: «Il solo modo di vivere serenamente, oltre che decentemente, la propria età è di accettarla, non di rimuoverla mascherandola sotto le meraviglie della medicina tecnologica. Con questo mito della giovinezza a oltranza ci siamo tolti anche uno dei pochi piaceri riservati alla vecchiaia: la libertà di lasciarsi andare alla propria età». Trovo la considerazione saggia e la vita vissuta mostra con assoluta banalità come, preso atto di questa evidenza, lungo il nostro cammino, quel che conta è che questo "lasciarsi andare" non è affatto buttarsi via. Si tratta semmai di situarsi dove è logico stare, senza pensare di avere macchine del tempo che ci facciano tornare indietro o tasti di "pausa" che ci conservino tali e quali. Ma non bisogna neanche accettare di farsi rinchiudere nelle gabbie dei pregiudizi legati all'età. Sin da bambini conviviamo con bambini vecchissimi ed oggi incontro anziani che sono ragazzi come spirito che li anima. Indicano in sostanza una via per sorridere alla sfida del tempo e apparire quel che siamo.