Quando non si capiscono le cose, bisogna rifarsi ai "Classici" come fonte d'ispirazione. Ogni tanto penso a come, ai tempi della scuola, sul greco e sul latino il leitmotiv prevalente fosse il «che palle!». Poi nel tempo, quando serve, torna in mente, come memoria sepolta chissà dove, qualche espressione calzante, imparata proprio sui banchi di scuola, rispetto alla realtà che ci circonda. Ha scritto lo storico inglese ottocentesco Thomas Babington Macaulay: «Riesce a leggere la storia correttamente soltanto colui che, osservando con quale potenza le circostanze influenzino i sentimenti e le opinioni degli uomini, quanto spesso le virtù si trasformino in vizi e i paradossi in assiomi, impari a distinguere ciò che dell'umana natura è accidentale e transitorio da ciò che è essenziale e immutabile».
Ecco così spuntare dai ricordi quel "Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur" («mentre a Roma si delibera, Sagunto viene espugnata»). Citazione (esistente anche in forma abbreviata: "dum Romae consulitur") che viene usata a proposito di chi, invece di agire, perde tempo in inutili discussioni; che deriva da una frase delle "Storie" di Tito Livio (XXI, 7). La vicenda è così riassumibile: gli ambasciatori di Sagunto, cittadina oggi nella Spagna orientale nella Comunità Valenciana, situata sul fiume Ebro, all'epoca delle guerre puniche (siamo nel 221 a.C.) fecero richiesta di aiuto agli alleati romani perché assediati dai cartaginesi. A Roma si discusse molto se fosse opportuno o no inviare rinforzi e si arrivò al punto - per via del tempo trascorso in lunghe discussioni - che i cartaginesi, comandati da Annibale, conquistarono la città con una conseguente, terribile carneficina ad otto mesi dall'inizio delle operazioni militari. Fine della storia, che resta tuttavia esemplare. Ci penso ogni tanto rispetto ad un pendolo che ci oscilla ormai sulla testa e che riguarda tutta la politica a qualunque livello ci si trovi. Chi è federalista, per altro, non vede nella politica una gerarchia, perché il principio di sussidiarietà verticale valorizza e responsabilizza tutti i livelli di governo. E in più ritiene che la corresponsabilità non sia solo legata alla politica propriamente detta nella sua organizzazione derivante dalle Costituzioni, ma ci sia anche la sussidiarietà orizzontale che spazia dal cittadino, alla famiglia, alle espressioni organizzate dei cittadini in una comunità che condivide il disegno della "res publica", per usare un altro latinismo, che non vuole essere latinorum. Il pendolo vede da una parte la necessità rapida di assumere, in queste situazioni complesse, delle decisioni rapide, che evitino l'"effetto Sagunto", dall'altra - all'opposto nell'oscillazione del pendolo - bisogna fare in modo che certe scelte siano fatte in modo oculato e condiviso, perché questo è - volenti o nolenti - il prezzo necessario da pagare in democrazia, ma senza fare in modo che - all'eccesso - questo significhi una sorta di paralisi decisionale. Molto delle attuali discussioni verte su questo dilemma, che poi fonda un altro concetto molto adoperato di questi tempi, fra riforme costituzionali dibattute e leggi elettorali discusse alla ricerca del giusto punto di equilibrio, vale a dire la governabilità. Il termine è entrato nel lessico italiano alla fine degli anni 70, in un'Italia assillata da una delle caratteristiche salienti del dopoguerra, ma anche dell'Italia liberale, vale a dire il succedersi di crisi di Governo con conseguenti cambi, anche nel nome di quella caratteristica tutta italiana del trasformismo. Ricordo che la "governabilità" è nel linguaggio politico, la presenza di requisiti socio-economici e istituzionali che consenta una continuità dell'azione del governo. "Trasformismo", invece, è ogni azione spregiudicatamente intesa ad assicurarsi una maggioranza parlamentare od a rafforzare la propria parte, sia la prassi di ricorrere, invece che al corretto confronto parlamentare, a manovre di corridoio, a compromessi, a clientelismi, senza più alcuna coerenza ideologica con la linea del partito. In realtà si è visto come la governabilità rischi di diventare una specie di totem, una sorta di idolo, perché la sostanza è invece quella non di dare una continuità sterile, ma di evitare semmai l'"effetto Sagunto" e cioè l'effetto paralisi nella soluzione dei problemi concreti che devono essere affrontati. Su questo nella Politica, comunque sia, qualche cosa si è rotto anche in Valle d'Aosta, purtroppo.