La "Dora Baltea" è il fiume dei valdostani con due citazioni famose, Alessandro Manzoni che lo ricorda come affluente del "Po" in "Marzo 1821" e Giosuè Carducci con la sua "cerulea Dora" nella celebre "Piemonte". Come sempre la "Treccani" è sintetica nella sua descrizione: "Dora Baltea, fiume dell'Italia nord-occidentale (160 chilometri; bacino di 4.322 chilometri quadrati). E' il maggiore delle Alpi Occidentali, percorre tutta la Valle d'Aosta ed un tratto del Piemonte. Nasce dalle falde del massiccio del Monte Bianco ("Dora di Veny" e "Dora di Ferret", che scorrono nelle valli omonime), riceve a destra il contributo delle acque che scendono dalla regione del Piccolo San Bernardo - "Rutor", poi di quelle dei gruppi montuosi culminanti nel Gran Paradiso. Sulla sinistra affluiscono i torrenti provenienti dal Gran San Bernardo e quelli alimentati dai ghiacciai dei gruppi del "Cervino" e del "Rosa". Entrata in territorio piemontese, la Dora Baltea attraversa l'anfiteatro morenico d'Ivrea e affluisce nel Po, da sinistra, a valle di Chivasso".
Sin qui la scheda geografica, ma esiste poi una parte affettiva, perché chi ha sempre vissuto nel fondovalle fin da bambino ritrova nella Dora e nella sua presenza alcuni elementi fondanti del proprio vissuto. Ha scritto Tiziano Terzani: «I fiumi mi han sempre attirato. Il fascino è forse in quel loro continuo passare rimanendo immutati, in quell'andarsene restando, in quel loro essere una sorta di rappresentazione fisica della storia, che è, in quanto passa. I fiumi sono la Storia». Si può usare anche storia con la minuscola e mi vengono in mente i racconti di mio papà che raccontava di quando la Dora, alle porte di Aosta, creava una vasta ansa paludosa, dove con i suoi amici andavano a pescare i gamberi di fiume. O a me bambino che, da sempre ammonito di non fare lo stupido sul greto del fiume per la sua pericolosità, mi aggiravo nella vasta area di Favà tra Issogne e Champdepraz dove un lago, poi inglobato nella proprietà Follioley, era la spiaggia dei ragazzini della zona. Oggi, quando ne percorro le rive, ad esempio giorni fa lungo la pista ciclabile che collega Saint-Vincent e Aosta, mi domando spesso se siamo stati in grado di valorizzare questo nostro fiume e non solo sfruttandone sabbie e ghiaie e le acque per l'idroelettrico. Il fondovalle offre scenari straordinari lungo la Dora e mi stupisco talvolta di trovare angoli particolari mai visti e, specie d'estate, l'Envers - la zona sulla destra orografica della valle, poco soleggiata d'inverno - ha una natura lussureggiante e colori stupendi. La Dora è davvero una metafora della vita con i suoi alti e bassi: l'ho vista - nei suoi opposti - nei momenti di secca, quando puoi saltare di sasso in sasso e le trote cercano spazi vitali e nei momenti di inondazioni terribili in cui la furia non ha argini che servano e l'acqua ha un effetto sconvolgente. Eppure il fiume è sempre lì a scandire il tempo, ma diventando senza tempo. Hermann Hesse, nel suo libro più famoso, così scrive: "«Hai appreso anche tu quel segreto del fiume: che il tempo non esiste?». Un chiaro sorriso si diffuse sul volto di Vasudeva. «Sì Siddharta» rispose. «Ma è questo ciò che tu vuoi dire: che il fiume si trova dovunque in ogni istante, alle sorgenti e alla foce, alla cascata, al traghetto, alle rapide, nel mare, in montagna, dovunque in ogni istante, e che per lui non vi è che presente, neanche l'ombra del passato, neanche l'ombra dell’avvenire?»".