Capisco la carica emotiva per i fratellini finiti sotto la casa crollata e poi tratti in salvo dalle macerie. Evidente come il pathos, che commuoverebbe anche un cuore di pietra, abbia fatto il boom di ascolti, diventando simbolo di questo terremoto di Ischia, che ha colpito l'isola in pieno periodo turistico. Fatemi dire, però, quanto mi snervi la solita drammatizzazione degli eventi, compresa la diretta dei soccorsi appena citati, con un giornalismo che diventa "guardone" con toni da "telenovela". Meglio questi racconti strappalacrime che la cruda verità dell'evento: sia chiaro che il momento esatto in cui si scatena il sisma resta imprevedibile, ma la scala del rischio è scientificamente dimostrata e in vigore e nessuno nell'isola può fare spallucce, avanzando chissà quale alibi sul destino cinico e baro, perché non c'è niente di più ignobile che sfuggire alle proprie responsabilità.
Ho avuto l'occasione di girare Ischia tanti anni fa in due soggiorni, uno dei quali servì a fare riabilitazione ad un ginocchio malmesso dopo un'operazione, grazie alle acque termali. Come in altri viaggi nel Sud, ero rimasto colpito dal caos nelle costruzioni, che hanno stravolto angoli incantevoli: segno di assenza di una pianificazione urbanistica in luoghi che erano di bellezza senza eguali. Come se la cura del proprio territorio fosse da mettere in seconda fila e così generazioni di amministratori conniventi e di cittadini complici nel votare i suddetti e nel costruire abusivamente dovrebbero essere messi al pubblico ludibrio. Ma - si sa - viviamo nel Paese del "perdonismo", quando invece il perdono andrebbe usato per cause migliori.
Leggevo su "Ansa" che cosa ha detto l'ingegner Sandro Simoncini, docente a contratto di urbanistica e legislazione ambientale presso l'Università "La Sapienza" di Roma e presidente di "Sogeea SpA". Riporto qui il dispaccio, partendo proprio dalle sue dichiarazioni: «"In Italia - osserva l'esperto - si muore per un terremoto che in altre parti del mondo non desterebbe la minima preoccupazione. E' l'impietosa considerazione da fare dopo quanto accaduto a Ischia, dove un sisma con una magnitudo decisamente contenuta ha prodotto vittime, feriti, crolli, panico. Al netto delle peculiarità geologiche di quel territorio, che rendono il sottosuolo particolarmente fragile, non si può non rimarcare come l'isola nel corso dei decenni sia stata sottoposta a una sistematica speculazione edilizia: si è costruito anche là dove leggi e buon senso non lo avrebbero permesso e, in molti casi, lo si è fatto di fretta, utilizzando materiali e tecniche di scarsa qualità".
"La vocazione turistica dell'isola - aggiunge - ha amplificato i classici fenomeni di abusivismo che caratterizzano da sempre il nostro Paese: allo spontaneismo edilizio fatto di prime e seconde case, si è aggiunto quello altamente impattante della ricettività alberghiera, enogastronomica e ricreativa, che ha comportato una cementificazione abnorme del suolo". "Che non si voglia combattere seriamente certi fenomeni lo testimoniano anche la recente legge varata proprio dalla regione Campania, il disegno di legge Falanga o la clamorosa defenestrazione del sindaco di Licata da parte del Consiglio comunale", conclude Simoncini».
I dati su Ischia sono chiari. Migliaia e migliaia di abusi negli ultimi trent'anni di cui si è chiesto il condono (27mila pratiche e il numero non è un errore!), spesso impensabili da ottenere, e più di una volta i cittadini sono scesi in piazza per contrastare l'abbattimento di costruzioni illegali, che come tali hanno nel tempo aggirato gli obblighi di legge per evitare il peggio in caso di terremoto. E questo in un'area che risente dei fenomeni sismici legati alla zona vulcanica dei Campi Flegrei. L'Osservatorio Vesuviano scrive sul suo sito: "L'isola d'Ischia rappresenta la porzione sommitale di un apparato vulcanico che si erge per circa 900 metri dal fondo della parte nord-occidentale del Golfo di Napoli. Essa copre un'area di circa 46 chilometri quadrati e raggiunge un'altezza massima sul livello del mare di 787 metri, in corrispondenza del Monte Epomeo, situato nella parte centrale dell'isola". E aggiunge più avanti: "Sebbene l'attuale sismicità di Ischia sia molto modesta, in passato, sull'isola, si sono verificati forti terremoti che hanno provocato ingenti danni. In particolare, gli eventi sismici del 1881 e 1883 ebbero effetti disastrosi. Il terremoto del 4 Marzo 1881 provocò gravi danni a Casamicciola ed a Lacco Ameno e fu avvertito anche in altre località. Il terremoto del 28 Luglio 1883 fu l'evento più catastrofico avvenuto sull'isola negli ultimi secoli. Il sisma distrusse gran parte della cittadina di Casamicciola e fu distintamente avvertito in tutta l'isola con particolare intensità a Lacco Ameno e Forio. Questo terremoto, avvertito anche a Napoli, fu seguito da numerose repliche".
Questo per dire - a Ischia come altrove e l'ultimo caso era stato l’Appennino centrale (dove la ricostruzione langue) - che non si può fare finta di niente su eventi che si sa che possono capitare. Quel che è chiaro è che tra un terremoto e l'altro è vigente la regola della smemoratezza per i vecchi edifici inadatti e quelli nuovi non a norma. Così le misure di prevenzione, sia sulle case che sull'educazione della popolazione ai rischi potenziali, non possono essere - come da sempre - oggetto di piagnistei e giaculatorie dopo gli eventi, che poi cadono regolarmente nel dimenticatoio, specie dove le leggi dello Stato - perché le cose non vanno taciute - vengono disattese per mille ragioni.
Nella logica dell'Italia "a due velocità" c'è anche questo e lo dico dopo avere applicato, per una nuova costruzione che sto facendo, le norme antisimiche che in Valle d'Aosta - dove il pericolo è flebile - vengono comunque rispettate. Questa storia delle leggi applicate a singhiozzo ed a macchia di leopardo, a seconda delle zone, diventa una discriminante che mina in profondità l'eguaglianza fra cittadini e causa anche, in ultima analisi e in certe circostanze, fatti luttuosi sulle spalle di chi si fa un baffo delle regole di sicurezza, che sia controllore o controllato.