Ci sono delle morti che ti lasciano senza fiato, specie quando il destino colpisce come un fulmine a ciel sereno e restano i soliti perché. Così per Claudio Brédy dopo questo maledetto fine settimana. Leggi domenica appena sveglio, distrattamente, la notizia di uno scomparso a Cogne che si sta ricercando, perché non rientrato la sera prima da una gita da solo. Poi ti chiama con grande delicatezza Laurent Vièrin - che lo ha saputo dal Corpo Forestale nelle sue funzioni di assessore - e scopri che quella persona è un tuo amico, un caro amico. E inizia l'attesa con telefonate e messaggi di tante persone con un senso evidente di reciproca impotenza. Poi il lunedì la notizia, pesante come un macigno, sulla quale - aspettando - ti eri interrogato, pensando con commozione alla paura della sua famiglia, su quanto potesse essergli successo con pessimismo crescente con il passare inesorabile del tempo.
Claudio, con cui una settimana fa ci eravamo divertiti a casa mia, assieme ad altre persone, parlando di argomenti vari. Claudio con cui avevamo fatto ancora venerdì una riunione politica, l'ennesima in un periodo di grande fibrillazione su cui il suo impegno era quello di dimostrarci seri. Claudio con cui da anni ci scambiavamo pensieri e idee, con cui ci passavamo documenti da rifinire, perché la sua impostazione rigorosa e la sua buona penna erano una garanzia. Lo avevo conosciuto da sindaco, da dirigente regionale, dentro l'Union Valdôtaine e poi nell'esperienza in UVP e ancora - tenendo sempre la barra dritta - in "Mouv'".
Ogni volta che doveva parlare in pubblico scherzavamo sul fatto che l'emozione talvolta gli impediva di rendere come avrebbe potuto, ma la sincerità e lo spessore culturale emergevano sempre. Persino con la scoperta che dietro questa sua profondità intellettuale c'era, con un recente libro sulla Valle d'Aosta in epoca fascista, una vocazione da storico, lui esperto di agricoltura - le radici della sua famiglia - e fra i pochi a saperne davvero di materia comunitaria. Spesso ci baloccavamo sul futuro e, malgrado un suo certo pessimismo su di un cambiamento che non veniva mai, condividevamo certi sforzi e una lotta eterna con chi si mostrava doppio e lui - sincero e trasparente - non lo era mai stato. E, tra molte titubanze, ammetteva in fondo che non bisognava mollare mai. Il dovere che evocava era quello di pensare al futuro dei nostri figli e di quelli che verranno dopo, per essere degni del passato nel presente.
Amava la montagna: l'ultima era stata la vetta di un "Quattromila", il maestoso Weisshorn, ma spesso mi raccontava - senza alcuna prosopopea - delle sue salite e chi lo conosceva in questa passione sportiva mi diceva quanto fosse un alpinista dotato e resistente. Ora la realtà di un incidente mortale proprio in montagna, suo ambiente naturale e amato, per una fatalità.
Io non riesco a farmene una ragione. Invecchiando il pensiero della morte piano piano cresce in ciascuno di noi, ma mai e poi mai avrei pensato a questa cosa e non posso che pensare al suo sorriso, alla sua voglia di vivere, al suo desiderio di fare sempre le cose "comme il faut" .
Una "persona perbene" si direbbe oggi, e di questi tempi di galantuomini così ce ne sono pochi e la sua amicizia era e sarà sempre un onore che ho avuto e su certi principi ci sarò sempre per convinzione e anche per rispetto alla sua memoria.
Vale per lui quanto ha scritto Umberto Veronesi, che tanto ha riflettuto su Vita e Morte: «Se le nostre idee sono la nostra immortalità, con la nostra vita di pensiero, ogni giorno ci prepariamo a morire».
Caro Claudio, il pensiero autonomista, di cui sei stato portavoce, saprà ricordare in te un esponente importante, che ci ha lasciati soli in un momento di transizione in cui la tua voce attenta a tenere la schiena dritta sarebbe stata preziosa, ma i tuoi pensieri restano e saranno un viatico.
Così dicevi nel tuo ultimo articolo sul sito di Mouv': «Aristotele sosteneva che la comunità è costituita in vista di un bene e che la politica è l'unica che permetta di realizzare questo bene e, pertanto, di rendere felici gli uomini.
Questa idea della politica come connessa alla felicità umana, di cui crea le pre-condizioni materiali, è ben lontana da quella che ne hanno oggi i cittadini. I sentimenti più diffusi sono invece il cinismo, la disillusione, l'indifferenza, l'insofferenza, sfocianti spesso in un qualunquismo che esprime lontananza e disprezzo verso la politica e i politici. Questi sentimenti sono comprensibili se si pensa ai tanti fallimenti, delusioni e scandali che la politica, anche in Valle d'Aosta, ha prodotto. Tuttavia, l'ondata dell'antipolitica generata da tali sentimenti, porta con sé i germi dell'antidemocrazia, della svalutazione del "pubblico" e del "politico", insita nella visione "mercantilistica" dominante. Che fare quindi? Innanzitutto non rassegnarsi ma partecipare, e in Valle è importante farlo per contrastare la concentrazione di potere, il sistema opaco delle clientele, per riaffermare una politica in cui tornino a prevalere le capacità, l'onestà, la legalità, la coerenza e l'equilibrio. Sono sostantivi che possono assumere diversi significati, che vanno perciò esplicitati e spiegati; proverò a farlo in un prossimo articolo. Sono anche dei valori ai quali Mouv' crede. Quel che è certo è che i valdostani hanno capito che la politica chez nous ha bisogno urgente di una nuova partenza, in assenza della quale il declino della Valle continuerà a lungo».
Riposa in pace, amico mio, dopo esserti spento alle porte del Paradiso. Con Victor Hugo come non ricordare che: «Les morts sont des invisibles, mais non des absents».