In una lectio magistralis tenuta all'Università di Torino, nel giugno del 2015, Umberto Eco scatenò un ampio dibattito pubblico dicendo senza peli sulla lingua: «I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. E' l'invasione degli imbecilli». In molti storsero il naso e videro nelle considerazioni del celebre semiologo una forma di snobismo e intellettuale e anche una sorta di lesa maestà alla democrazia sorgente del Web, che dà la parola a tutti e dunque dovremmo trovarci di fronte alla quintessenza della libera partecipazione.
Chiunque e nei diversi modi possibili frequenti la Rete sa quanto di retorico ci sia nell'idea che una sorta di "rompete le righe" - in cui tutti discettino di temi che non conoscono o propaghino informazioni infondate se non pericolose - equivalga ad un'elevata forma di eguaglianza. Un caso di scuola è questa discussione sulle recensioni su "TripAdvisor". Ricordo la storia di questo "social", tratto da un articolo su "Repubblica.it" di Simone Cosimi: «Era il febbraio del 2000 quando Stephen Kaufer, allora 37enne, lanciò TripAdvisor dal suo ufficio sopra a una pizzeria a taglio di Newton, Massachusetts, Stati Uniti. Non lo sapeva ancora, ma era il portale che avrebbe rivoluzionato il nostro modo di viaggiare. O anche solo di scoprire le nostre città cercando di non mandarci di traverso una serata libera. Dando la parola a chi ha effettivamente sperimentato il cibo, l'ospitalità, l'accoglienza, il servizio e chiedendo il suo giudizio. Da allora è stata una crescita vertiginosa che ha portato il sito a ospitare oltre 200 milioni di recensioni e opinioni relative a 4,5 milioni di strutture in 147mila destinazioni del pianeta. Guidano, ovviamente, i ristoranti. Sono quasi 2,5 milioni quelli classificati. Poi hotel, b&b e alloggi vari (915mila), case vacanza (650mila) e attrazioni (mezzo milione). Ma il passo essenziale è stato quello di penetrare pian piano delle abitudini di scelta dei consumatori. Divenendo un filtro imprescindibile prima di una prenotazione. Sia sul versante del coinvolgimento (vengono pubblicate 125 recensioni al minuto) che su quello della consultazione: sono infatti 315 milioni i visitatori unici mensili secondo le statistiche mondiali di Google Analytics per il terzo trimestre 2014, tenendo fuori il marchio con cui il gruppo è presente in Cina, Daodao.com. E in questi tre lustri TripAdvisor Media Group, sganciatasi nel 2011 dall'altro colosso Expedia, è diventato un ombrello presente in 45 Paesi con 24 siti di viaggio affiliati, da Travelpod a Cruisecritic. Questo nonostante le polemiche, che tornano a fiammate seguite anche da sanzioni delle autorità per la concorrenza nazionali, sulla bontà delle recensioni e sulla trasparenza nella promozione del portale». Già questo è il punto: da una parte c'è chi ha montato un affare proponendo recensioni buoniste attraverso diversi trucchetti e la stessa società propone formule per migliori posizionamenti, poi esiste un mondo che usa, come una clava, i commenti. Tutti sanno di clienti che chiedono sconti «altrimenti scrivo male di lei su "TripAdvisor"». Anche io guardo prima di andare in qualche locale dove non sono mai stato, ma facendo la tara fra esaltazioni e stroncature, oltre a divertirmi molto per alcuni che scrivono cose astruse o scoprendo chi ha un profilo manifestamente taroccato. Il caso più recente, di queste ore, è questo "Fabio C" della Spezia-Liguria-Italy che su "Tripadvisor", ma il messaggio è poi sparito, si era lamentato della cameriera di colore in costume «parzialmente ampezzano» in un agriturismo nei pressi di Cortina. Si tratta di tale Fabio Cenerini, capogruppo della "Lista Toti - Forza Italia" in Consiglio comunale. Ho visto alcune sue interviste sul Web e, nel giustificarsi, ha persino peggiorato la situazione. Dovrebbe sapere che non è così inconsueto che sulle Alpi, nelle stazioni turistiche, ci siano persone che fanno i camerieri e sono di diversa provenienza e anche, come in questo caso, di diverso colore della pelle. Sarebbe ridicolo pretendere persone autoctone, quando - questo vale anche per la Valle d'Aosta - non esiste personale a sufficienza per coprire le esigenze delle stagioni estive e invernali. Diverso sarebbe stato - e questo è sempre stato il mio pensiero - ragionare sul fatto che le persone di qualunque provenienza debbano essere, nel rapporto con il cliente, appositamente formate, tenendo conto di livelli di competenza diversi a seconda dei ruoli, per consentire loro di offrire informazioni esatte e documentate. Non esiste niente di peggio - ed a me è capitato - di trovare persone che non sono in grado di dirti l'origine di un prodotto tipico, di darti un suggerimento sul menu con piatti del territorio o proporre un vino della zona. Che appaiano cioè spaesate rispetto alla realtà culturale e geografica dove sono chiamate ad operare. Su questo la critica ci sta e non c'entra nulla con il colore della pelle.