Immagino che nessuno se lo ricordi, ma per avere l'Ordine dei giornalisti della Valle d'Aosta fu necessaria una "leggina" che presentai in Parlamento e feci approvare. Poi, nella logica italiana, per sancire il distacco da Torino si dovettero attendere i tempi della burocrazia. Anche per questo mi ha fatto piacere tenere una conferenza, nel quadro delle attività formative dell'Ordine, di cui ormai e purtroppo sono uno dei professionisti più vecchi. Il tema prescelto era uno dei miei cavalli di battaglia: l'Europa. Avendo sempre seguito le tematiche europeistiche, ancor prima di diventare parlamentare europeo e poi membro del "Comitato delle Regioni", mi fa piacere - specie nel quadro di momenti formativi - ragionare attorno ad argomenti come la storia dell'Europa e dell'integrazione europea, così come spiegare i meccanismi di funzionamento delle Istituzioni e comprendere le prospettive di sviluppo futuro. Non esiste argomento oggi che un giornalista debba trattare che non abbia alla fine un qualche riferimento, grande o piccolo, con il contesto comunitario. Dal dopoguerra ad oggi, con alti e bassi (e oggi siamo in basso per ventate anti-europeiste che impressionano), l'Unione Europea è diventato un riferimento familiare. Ma non sempre a questa presenza corrisponde una reale conoscenza di tutto ciò che sarebbe necessario sapere anche a fondamento della nostra cittadinanza europea. Se oggi ci fosse un referendum in Italia - non possibile per via del dettato costituzionale - sull'appartenenza dell'Italia all'Europa, vedremmo scatenarsi tutta la deriva populista e tutta la demagogia deteriore che cavalca da tempo - e da diverse posizioni dello scacchiere politico - sentimenti e passioni contrarie al processo d'integrazione europea. Intendiamoci: le critiche alla costruzione dell'Europa, come la conosciamo oggi, possono essere tante e motivate. L'Unione Europea ha perso per strada ogni ambizione federalistica e la sussidiarietà spesso è la "foglia di fico" del centralismo di Bruxelles, ma quanto non funziona deve essere oggetto di riforme e non di un "marcia indietro" che per altro non si capisce affatto dove mai porterebbe. Per cambiare, però, bisogna conoscere e bisogna avere consapevolezza di quanto abbiamo dietro le spalle e di quello che potrebbe accadere. Dietro alle spalle c'è anzitutto un assunto: l'Europa con il lento propagarsi dei processi di integrazione economica e politica è diventata una realtà vasta, contrastando il rischio che il Vecchio Continente fosse insanguinato da guerre fratricide. Dove il territorio era "non Europa" si sono visti gli orrori dei Balcani e oggi si vedono, a due passi da noi, le stragi in Ucraina. Davanti nel futuro, esiste, invece, un problema serio di crisi dell'economia e di deficit democratico ed il rischio che prima o poi ci sia un'Europa a due velocità che lasci indietro chi non ce la fa.
Propongo qui sotto un brano del mio intervento, dedicato ad una serie di luoghi comuni sull'Europa.