Sarebbe bene che chi crede nel regionalismo drizzasse le orecchie per l'assenza di questo tema nel dibattito politico italiano nel corso della campagna elettorale, in vista delle imminenti elezioni politiche. Ci sono, però, nel leggere le normative varate dallo Stato, che evidentemente sono sfuggite a chi in Parlamento dovrebbe vigilare ed anche a chi dovrebbe vigilare sui pareri nella "Conferenza Stato-Regioni", elementi di preoccupazione. Vorrei, a questo proposito, partire da due formulette, spesso adoperate nella legislazione italiana e che mostrano certe volontà molto più di altre cose. La prima è una affermazione inutile e apodittica - cioè quando si dice una cosa che è già evidente e scontata - che suona così: "Le disposizioni del presente decreto si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano nel rispetto e nei limiti degli statuti di autonomia e delle relative norme di attuazione".
Essendo gli Statuti (la maiuscola, cari funzionari statali! Mica "Costituzione" la scrivete con la minuscola!) norme di rango costituzionale e le norme di attuazione una legislazione di rango superiore alle leggi ordinarie, come diavolo potrebbe essere altrimenti? Se lo si scrive, dicendo "le disposizioni si applicano, ma..." allora un autonomista deve diffidare. Può stare certo che le reali intenzioni sono quelle di provare a violare Statuti e norme di attuazione. Secondo esempio: quando si sbandierano grandi riforme statali bisogna guardare in fondo alle leggi e cercare la copertura finanziaria. Se trovate commi come quelli che sto per citare, allora state certi che esiste l'intenzione di prendervi per il naso. Eccoci: "Dall'attuazione del presente decreto non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica". Idem per l'altro comma: "Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti dal presente decreto con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente". Non voglio assillarvi con ulteriori minuzie giuridiche, che dimostrano come in Italia si amino le "leggi manifesto" senza mettere i soldi necessari e questo è grave, perché le ristrettezze della finanza pubblica non consentono di far fronte alle spese già esistenti e dunque aggiungerne di nuove dimostra malafede e disprezzo per le regole costituzionali, che impedirebbero di legiferare in assenza di copertura finanziaria certa per far fronte a nuovi impegni. Le norme prima citate e censurate derivano da una chicca legislativa che dovrebbe allarmare la nostra Valle e che riguarda la materia di competenza primaria "Foreste", come da articolo 2 dello Statuto speciale, e materie affini che vengono derise e calpestate da un recente provvedimento dal titolo monstre: "Decreto legislativo recante disposizioni concernenti la revisione e l'armonizzazione della normativa nazionale in materia di foreste e filiere forestali". Per curiosità andate a vedere l'acritica e esaltante cronaca del provvedimento a pagina 10 e 11 de "La Stampa" di ieri, evidentemente frutto di chi potrebbe ricavare vantaggi materiali da questa bizzarria giuridica. Con la scusa di un riordino necessario di una materia complessa e nella legittima constatazione di una difficile situazione dei boschi italiani la logica accentratrice e dirigista, che umilia le competenze delle Regioni e della democrazia locale a vantaggio di uno Stato dirigista e interventista, ma senza metterci un euro... Questo decreto - scritto da chi conosce la materia ma in una logica "Cicero pro domo sua" e l'intervista in pagina a un felice imprenditore del settore rende tutto evidente - è un diluvio di norme, che sarebbe bene le Regioni leggessero per impugnarle in fretta alla Corte Costituzionale per la loro imbarazzante invadenza dei poteri regionali. Plastica nel suo debordare rispetto alle norme costituzionali vigenti è il profluvio di finalità, che contraddice la logica di avere leggi semplici, che non siano proclami onnicomprensivi. Leggiamo parte dell'articolo: "Le disposizioni del presente decreto sono finalizzate a: a) garantire la salvaguardia delle foreste nella loro estensione, distribuzione, ripartizione geografica, diversità ecologica e bio-culturale; b) promuovere la gestione attiva e razionale del patrimonio forestale nazionale al fine di garantire le funzioni ambientali, economiche e socio-culturali; c) promuovere e tutelare l'economia forestale, l'economia montana e le rispettive filiere produttive nonché lo sviluppo delle attività agro-silvo-pastorali attraverso la protezione e il razionale utilizzo del suolo e il recupero produttivo delle proprietà fondiarie frammentate e dei terreni incolti o abbandonati, sostenendo lo sviluppo di forme di gestione associata delle proprietà forestali pubbliche e private; d) proteggere la foresta promuovendo azioni di prevenzione da rischi naturali e antropici. dl difesa idrogeologica, di difesa dagli incendi e dalle avversità biotiche ed abiotiche, di adattamento al cambiamento climatico, di recupero delle aree degradate o danneggiate, di sequestro del carbonio e di erogazione di altri servizi ecosistemici generati dalla gestione forestale sostenibile". Prendete il respiro e vi risparmio il profluvio di cui alle successive lettere e), f), g), h), i), l), m): gran parte delle quali materie - a Costituzione vigente - che spettano alle Regioni e non allo Stato. La legge ha 19 articoli densi, verbosi e soprattutto improntati alla logica statalista degna di un passato che un autonomista sperava fosse passato davvero e invece è purtroppo l'aria dei tempi, di cui diffidare. C'è da chiedersi se si potesse fare persino di peggio, nel caso in cui la centralistica e autoritaria riforma costituzionale Renzi-Boschi (nomen omen in questo caso...) non fosse stata saggiamente bocciata dai cittadini.