Non parlerò in questa oasi di pace del silenzio elettorale della vigilia di elezioni politiche, ma una riflessione sulle Istituzioni democratiche, a chiusura di una campagna elettorale come quella che c'è stata in Italia, vale la pena di farla, volando a quote elevate senza scendere nei particolari. E una parte dei ragionamenti valgono anche per la Valle d'Aosta, dove l'attesa è significativa proprio per quel passaggio quasi immediato dalle Politiche alle Regionali. Con un meccanismo ben noto di influenza delle une con le altre, come dimostrato dalla storia politica della Valle e fa sorridere che ci sia ancora qualcuno che fa finta di niente su questa evidente liason. La prima riflessione, che nessuno se ne abbia a male, è una crescente ignoranza sui meccanismi democratici. Si dice che è gran colpa della scuola, dove la vecchia "educazione civica" - già zoppicante ai miei tempi, quando non si aveva l'insegnante "giusto" - non ha avuto sviluppi veri.
Da noi potremmo aggiungere che a questo analfabetismo incalzante si aggiunge - sempre con le rari eccezioni dette - un vuoto pneumatico per quella che potremmo definire "civilisation valdôtaine". Intendiamoci subito: qui non si tratta di immaginare che i bambini e i ragazzi debbano essere indottrinati con una logica da balilla fascista, da piccolo comunista con il libretto rosso, da estremista islamico in erba contro gli infedeli. No, si tratta di avere rudimenti sull'Autonomia, lo Statuto, sui meccanismi democratici e via di questo passo. Magari con nozioni di storia e geografia locali, che evitino generazioni che si perdono senza bussola nei secoli e sul territorio dove vivono. E' vero che questo non spetta solo alla scuola, ma vale anche per la famiglie, per il milieu sociale, per la formazione politica un tempo assegnata a partiti ed associazioni. «Io non mi interesso di Politica», come elemento sbandierato in pubblico fa parte dello stupidario contemporaneo. Ma certi esiti sono tristemente visibili, quando trovi persone anche culturalmente elevate che arrancano sui fondamentali e la mancanza di conoscenza implica poi un discesa agli inferi della democrazia. La seconda riflessione riguarda il diritto di voto e il suo esercizio. La mia posizione è nota: uno può scegliere di non votare e l'esempio più classico sta nei referendum, quando raggiungere il quorum è un requisito e ciò implica la scelta di lavorare affinché non lo si raggiunga per chi vuole usare questo meccanismo di flop del voto. Questo fa arrabbiare i promotori delle consultazioni popolari, ma è così nel nostro ordinamento e bisogna farsene una ragione. In più il meccanismo di astensionismo in questo caso è stato nel tempo adoperato da tutti. L'obbligo di voto per le elezioni è caduto in Italia, dove già le sanzioni erano blande o inapplicate, all'inizio degli anni Novanta, per cui oggi io posso stare a casa e non andare a votare ai seggi senza che nessuno possa dirmi niente. Anzi, le normative sulla privacy impediscono di divulgare elenchi che diano nomi e cognomi di chi sceglie di non votare. A me sembra assurdo, perché dovrebbe essere legittimo per chi fa politica approcciare gli astensionisti per chiederne le ragioni e discutere sulla possibilità - un giorno o l'altro - su di un dietrofront che li faccia tornare nel circuito della partecipazione democratica. Io domani voterò, perché ritengo che l'esercizio delle proprie prerogative di cittadinanza passano attraverso questo gesto. Una volta al seggio uno ha diverse opzioni: votare, lasciare scheda bianca, annullare la scheda. E, come dicevo può scegliere di non andarci per molte ragioni di disamore, delusione, presa di posizione. Ma, se lo si fa, poi non ci si deve lamentare degli esiti delle urne. In tutti i Paesi democratici, a vario titolo, si manifesta l'astensionismo e sono nate - in Italia non ancora - vere e proprie campagne informative a carattere pubblico per rafforzare il senso di cittadinanza attraverso il voto. Quel famoso suffragio universale, che nella sua versione con il voto femminile, arrivò in Italia solo nel 1946 e se lo racconti oggi sembra un assurdo. Il meccanismo che pone alla sua base l'eguaglianza del cittadino funziona, però, se quel cittadino è davvero libero e consapevole. Anche nella civile Valle d'Aosta la libertà di voto è spesso minata da giochi attorno all'acquisto di voti o alla loro influenza con meccanismi clientelari e aleggia pure il caporalato elettorale della 'ndrangheta. E questa è una vergogna, che va risolta non solo a colpi di codice penale stroncando reati e colpendo senza pietà connivenze, ma anche con il secondo meccanismo: la consapevolezza. Un cittadino consapevole, invertendo i termini, è libero al momento del voto, ma la consapevolezza non discende da chissà quale illuminazione ultraterrena, ma sapendo come funzionano le istituzioni, confrontando con coscienza idee e proposte diverse e richiamando i partiti e movimenti al rispetto di quel patto che viene stipulato prima del voto. Ogni tradimento delle volontà espresse, quantunque motivato da florilegi di buone intenzioni, pesa sulla credibilità dei politici e danneggia la democrazia rappresentativa a vantaggio di nuove forme di potere che fanno paura. Buon voto, insomma e la lunga maratona notturna che ci aspetta nelle prossime ore sarà molto interessante e farà capire anche che cosa ci aspetta.