Sono ufficialmente un disco rotto. Come capitava con il vinile quando la puntina si impuntava ripetendo il pezzo di motivo all'infinito. Eppure se torno su certi punti lo faccio ritenendo che il chiodo vada piantato in profondità. Ennio Flaiano, caustico com'era, diceva: «I nomi collettivi servono a fare confusione. "Popolo, pubblico..." Un bel giorno ti accorgi che siamo noi; invece credevi che fossero gli altri». Ben detto, direi perché i valdostani non sono un'entità astratta ma persone ciascuna con la propria personalità e non sono neppure individui cui fare l'esame del DNA per scoprire la loro esatta origine o di cui studiare una supposta purezza derivante da albero genealogico. Anzi anche una piccola comunità come la nostra non deve temere le diversità e farne ricchezza.
Scriveva Zygmunt Bauman: «Penso che la cosa più eccitante, creativa e fiduciosa nell'azione umana sia precisamente il disaccordo, lo scontro tra diverse opinioni, tra diverse visioni del giusto, dell'ingiusto, e così via. Nell'idea dell'armonia e del consenso universale, c'è un odore davvero spiacevole di tendenze totalitarie, rendere tutti uniformi, rendere tutti uguali. Alla fine questa è un'idea mortale, perché se davvero ci fosse armonia e consenso, che bisogno ci sarebbe di tante persone sulla terra? Ne basterebbe una: lui o lei avrebbe tutta la saggezza, tutto ciò che è necessario, il bello, il buono, il saggio, la verità. Penso che si debba essere sia realisti che morali. Probabilmente dobbiamo riconsiderare come incurabile la diversità del modo di essere umani». Ma, attenzione, questo non significa affatto negare l'esistenza di motivi aggreganti in una comunità, che lo stesso Bauman ha segnalato in lungo e in largo. Però - ecco il leitmotiv - deve esistere la consapevolezza del collante di una comunità. In questo periodo ho potuto, per varie ragioni, effettuare nuovi carotaggi sulla conoscenza del nostro territorio, la sua storia, la sua cultura, gli usi e i costumi: tutto ciò - anche non elencato dei particolari più minuti - che crea l'idem sentire. Sono molto triste nel contrastare una certa smemoratezza è una confusione che crea il quadro di riferimento confuso e per nulla sostituita da qualcosa di intellegibile. Non è il global sostituisca il local: nulla emerge in troppi che si trovano in una specie di limbo, che li rende stranieri in casa propria. Penso davvero che la famosa formula di una "Université d'été" per una volta aggregante - e per giovani in una sessione e meno giovani per un'altra - sia un'idea seria. Certo anche scuola e famiglie contano, ma ognuno deve mettere del proprio e penso che, avendo già sperimentato l'Université in passato, si tratta di una formula coinvolgente che può indicare una strada. Anche perché - diciamoci la verità - l'Università valdostana sembra non avere quella vocazione formativa di una élite intellettuale consapevole. Purtroppo...